Oggi pomeriggio ho ripreso in mano un fascicolo di una vecchia pubblicazione DeAgostini intitolata Scrivere, nella quale ci sono alcuni brevi interventi di Antonio Serra e Alberto Ostini, fra cui il seguente:
"Un personaggio ben riuscito avrà delle zone di contatto e sovrapposizione con i lettori, in modo da agganciarli. Ma allo stesso tempo dovrà deviare per vivere quelle avventure e quelle emozioni che noi lettori cerchiamo nella narrazione proprio perché non le possiamo vivere nella realtà. Una perfetta identificazione renderebbe la nostra storia noiosa. Una totale divergenza la porterebbe così lontano da noi da non riguardarci e non interessarci ugualmente. Su questo gioco di equilibrismo tra identità e differenze si costruisce la fortuna di ogni buon personaggio" (A. Serra e A. Ostini, "Il gioco delle identità", su Scrivere n. 5, DeAgostini 2007, p. 12).
Leggendo queste righe, qualche settore di memoria del mio hard disk cerebrale si è risvegliato e, dopo una veloce ricerca, è andato a ripescare un testo di Umberto Eco che non leggevo da secoli: La struttura assente. Fra i temi trattati in questo saggio, c'è quello del messaggio estetico e della necessaria e opportuna dose di ambiguità che deve portarsi dietro, appunto per essere un messaggio estetico e non semplicemente informativo.
"Una ambiguità produttiva è quella che risveglia la mia attenzione e mi sollecita ad uno sforzo interpretativo, ma poi mi consente di trovare delle direzioni di decodifica [...]. Accade al messaggio estetico quello che accadeva all'intreccio tragico secondo le reogle della poetica aristotelica: l'intreccio deve fare accadere qualcosa che ci sorprenda, qualcosa che vada al di là delle nostre attese [...]; ma perché questo evento sia accettato e ci si possa immedesimare in esso bisogna che, al tempo stesso in cui appare incredibile, obbedisca a delle condizioni di credibilità" (U. Eco, La struttura assente, Bompiani 1968, p. 63).
Il personaggio come l'intreccio? Sì, perché sono entrambi strategie testuali. Sia l'uno che l'altro devono obbedire a quel famoso requisito di equilibrio tra l'ordinarietà e l'eccezionalità.
Niente di nuovo sotto il sole, per carità, ma questi piccoli risvegli di neuroni sono sempre piacevoli. :-)
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