lunedì, novembre 17, 2014

Ululì, ululà



Esce Interstellar al cinema. E io che faccio, mercoledì scorso? Decido che può aspettare e che, potendomi dedicare al cinema una sola sera a settimana, faccio ancora in tempo a vedere Dracula Untold, che poi, "hai visto mai, forse lo tolgono dalla programmazione", dico alla mia cine-partner.

Lei, invece di salvarmi dalla perdizione, si dice d'accordo "purché dopo il film andiamo a cena e prendiamo una montagna di patatine fritte". Una decisione strategica e ponderata, alla Tex Willer.

E niente, 'sto povero Dracula davvero non ce la fa. A partire da certe frasi a effetto che nemmeno Kenshiro sotto psicofarmaci. Ne cito solo due, per carità cristiana.

La prima: "A volte il mondo non ha bisogno di un eroe, ma di un mostro" (pronunciata dal protagonista Vlad che, per salvare tot villaggi da non so più quale guerra, sceglie un villaggio di cui impalare uno dietro l'altro gli abitanti e così mette paura al nemico, che interrompe la sua cruenta avanzata).

La seconda: "Credevo che foste troppi... invece siete troppo pochi!" (pronunciata da un tizio che prima era spaventato dall'esercito nemico, poi, divenuto vampiro, se li vuole pappare tutti e anche di più).

Ce ne sarebbe anche una terza, a proposito del tempo che non è mai abbastanza tranne per chi è innamorato, ma è talmente confusa e ridondante che non me la ricordo bene (comunque, già da quel che ho riassunto si capisce l'andazzo).

A un certo punto della storia cala la notte. Il povero Vlad (che è stato vampirizzato ma, riassumendo in soldoni, potrebbe cavarsela se resistesse alla sete di sangue per tre giorni ) inizia a sentire i morsi della fame e quasi azzanna la moglie, alla quale deve spiegare tutto. Lei gli offre conforto e comprensione, tanto che la mattina dopo evita che i soldati vedano il povero marito . Arriva l'amico di Dracula, e chiede: "Dov'è il principe?" Lei: "E' già andato via, ci raggiungerà più tardi". L'amico: "Allora partiamo". Peccato solo, mi fa notare la cine-partner, che questo dialogo avvenga di mattina. Dracula è nascosto nella tenda e si presume che, prima di partire, l'accampamento venga smontato, tenda compresa. Vabbè.

All'intervallo, la cine-partner chiede se possiamo andare direttamente a mangiare le patatine.

Secondo tempo: il cattivone nemico invia un esercito di suppergiù centomila uomini, che però potrebbero finire terrorizzati alla vista di Dracula che fa stragi e svolazza qua e là trasformandosi in un nugolo di pipistrelli. Quindi il cattivone dice: "quello che l'uomo non vede, non teme" (frase a effetto numero 4) e, fedele a questo motto, fa marciare tutti i suoi uomini bendati per miglia e miglia. Tralasciamo per un attimo le bende tutte uguali, color rosso scuro (fornite, suppongo, dallo stesso stilista che gli ha fatto le armature). Ma se fai marciare decine di migliaia di soldati, tutti in fila per sei col resto di due, bendati, com'è che dopo i primi (voglio esagerare) dieci passi nessuno ha inciampato, e non si è scatenato nessun catastrofico effetto domino? Nelle valli a metà strada fra la Turchia e la Transilvania che c'avevano fatto, le autostrade a quattro corsie per i pellegrinaggi dei Papa Boys?

Il meglio l'ho lasciato per ultimo, anche se sta nel primo tempo. Il nostro bel principe decide coscientemente di farsi mordere da un vampiro mostruoso che abita in una grotta perché gli serve un enorme e diabolico potere, se vuole opporsi al cattivone turco che gli ha dichiarato guerra. Entra nella grotta e viene prontamente aggredito dal vampirone, che a un certo punto si lascia vedere in faccia. Eccolo qua:


Praticamente una via di mezzo tra Zio Tibia...

  
...la Morte da Il settimo sigillo...


...Riff-Raff da The Rocky Horror Show...


...ma soprattutto lui:


Igor, da Frankenstein Jr. Egli stesso medesimo.

Ora, non so se mi spiego: questo è Igor. Quello di "Ululì, ululà", capite?


Morale: uno va al cinema per vedersi un filmone non dico horror, ma comunque un buon film su Dracula, e passa il tempo a contare i buchi logici, ad aspettare le patatine e a sentirsi risuonare in testa una strana, insistente nenia.

Ululì, ululà... ululì, ululà... ululì, ululà...

domenica, novembre 09, 2014

Lessons Learned

Erano ormai passate le tre del mattino, e nell'immensa oscurità violetta del cielo si vedevano le luci delicate e scintillanti delle stelle a rischiarare quella notte ancora fresca che già vibrava di tutta la solitaria, allegra esultanza della primavera. All'ingresso del porto una grande nave lanciava in lontananza il suo sordo, triste richiamo, pieno di gioia e di un dolore selvaggio.

[Thomas Wolfe, "Orgogliosa sorella morte"]





venerdì, ottobre 17, 2014

Ava & Eva


Vostro Onore, confesso: sono una fan di Frank Miller (in senso etimologico, cioè fanatica). Come tanti, lo sono diventata leggendo il suo Daredevil e da lì non mi sono persa più niente. Riesco a trovare motivi per apprezzarlo anche nelle sue opere meno riuscite. E quando era uscito il primo film di Sin City, me l'ero goduto dall'inizio alla fine.
Oggi, invece, penso a Sin City - Una donna per cui uccidere (visto ieri sera al cinema con la mia cine-socia) e rimango perplessa.
Non mi spiego come mai, data l'appassionata fedeltà al fumetto da cui il film è tratto, Miller e Rodriguez abbiano scelto di modificare alcuni punti significativi che attendevo con l'acquolina in bocca. Non sto pensando a sequenze complicate che avrebbero allungato troppo il film, intendo proprio qualche battuta qua e là, qualche dettaglio più credibile, qualche scena finalizzata a dare un'interpretazione più articolata del personaggio di Ava Lord. Invece di una dark lady infallibile, avremmo avuto una dark lady con i suoi momenti di incertezza e le sue decisioni avventate.
Insomma: non si giudica la qualità di un film dalla fedeltà all'opera originale... ma perché trascurare elementi ottimi, dell'opera originale, che al film avrebbero dato tanto?
Tra l'altro, all'inizio, Ava Lord non suona neppure convincente nel recitare la parte della povera vittima bisognosa di aiuto. Nel fumetto, uno ci crede, che Ava sia nei guai. Nel film, no. È il doppiaggio italiano che non rende? (mmm, strano.) È Eva Green che ha fatto il solito giochino "Dwight deve credermi, ma lo spettatore no"?
Mi sono tolta lo sfizio di scansionare qualche vignetta qua e là, quelle che avrei voluto vedere anche su pellicola oltre che su carta. Attenzione: SPOILER.



Ava in versione "credibile donzella in difficoltà".



Follia e malvagità secondo Ava. Peccato, nel film, aver perso questa chicca.



La telefonata col poliziotto: due giorni dopo l'omicidio di Damien, non poche ore!
(vabbè che non cambia chissà cosa)



Ava vulnerabile: il nervosismo, i passi falsi, la preda sbagliata. Una chiave di lettura assente nella versione cinematografica.





Le vignette più significative del finale. Nel fumetto, Ava continua a fingere e a inseguire solo il suo interesse. Nel film, cambia veramente idea e vorrebbe stare con Dwight. Un bel cambiamento di prospettiva: sono due finali alternativi. Ammetto che mi piacciono entrambi.

Lo ripeto, per scrupolo: non mi interessa la fedeltà fine a se stessa. Mi dispiace la mancanza di dettagli che fornivano chiavi di lettura più intriganti, secondo me, di quelle offerte dal film.
Andando avanti, mi lascia perplessa anche l'episodio sul figlio illegittimo di Rourke. Contiene delle scene interessanti, qualche buon personaggio, qualche bella battuta. Ma... poi? Cosa ci ha raccontato di nuovo, cosa ci ha dato?
Va a finire che la sola parte a convincermi fino in fondo è quella sulla vendetta di Nancy e sul rapporto fra lei e Marv, il tutto condito dalla speranza, puntualmente disattesa, che almeno una persona, dico una, si salvi da Sin City. Mi piace quando una storia ti convince a volere un determinato epilogo, e poi te lo nega.
Mettiamola così: quella di Marv e Nancy sarebbe la sola parte che mi convince, se non fosse che Ava ha pur sempre la faccia di Eva Green, e con Eva Green io non ci discuto, per principio.
In fondo, Vostro Onore, non ho mai detto di essere fanatica solo di Frank Miller.

P.S.  Una nota sul doppiaggio italiano. Il nome è Ava, per amor del cielo, non Eva, un conto è la pronuncia inglese e un conto quella italiana. So che dietro le scelte di adattamento c'è sempre un motivo, che l'adattatore e il direttore di doppiaggio ci pensano, a queste cose, eppure continuo a sentirla come una forzatura. Ava come Ava Gardner, avete presente? C'è qualcuno in Italia che dice "Eva Gardner"?!?

giovedì, ottobre 09, 2014

Lucy Johansson?



Caro Luc Besson,
ieri sono andata a vedere Lucy al cinema con la mia solita partner in crime.
Non c'era una gran scelta fra le pellicole in programmazione, quindi sono stata io a proporle il tuo film. Quando lei mi ha chiesto di cosa si trattasse, le ho detto il poco che avevo dedotto da locandina e trailer: "in teoria, c'è una tipa che impara ad usare tutte le potenzialità solitamente inutilizzate del cervello umano, e quindi acquista dei superpoteri; in pratica, mi immagino un infinito piano-sequenza di Scarlett Johansson che  sfrittella tutti quelli che incontra".
Quanto avevo ragione (e poi io sono una di bocca buona). Oltretutto, se metti un intero film sulle spalle di un'unica, vera protagonista, forse ne servirebbe una più adatta rispetto a Scarlett Johansson, che vedo meglio in ruoli meno solitari/allucinati (ad esempio trovo abbia fatto un ottimo lavoro su Capitan America: Il soldato d'inverno, dove interagisce in continuazione con il protagonista).
Però, sorvolando sui buchi di sceneggiatura, sui comprimari improbabili e sulla psicologia incoerente per non dire schizoide della protagonista (pur con l'attenuante dell'evoluzione incontrollabile del suo cervello), caro Luc, volevo ringraziarti per le analogie sui predatori e per il suggestivo viaggio a ritroso nel tempo che ci proponi nel finale. Questi due particolari, insieme a una narrazione veloce e ritmata, mi hanno resa contenta di aver visto il tuo film.


giovedì, settembre 25, 2014

"Le storie" di Gino D'Antonio



Contenuto: "L'uomo dello Zululand", "L'uomo di Iwo Jima", "L'uomo della frontiera". E un mazzetto di redazionali.
Non ci vuole un genio a fare un parallelo tra la recente collana bonelliana Le Storie e la storica collana Un uomo, un'avventura, che Sergio Bonelli aveva lanciato nel 1976. Anzi, se ne parla anche sul sito della Bonelli, proprio nella pagina che descrive caratteristiche e ispirazione de Le storie.
Però, vedere pubblicato in tipico formato bonelliano due storie che Gino D'Antonio aveva scritto per Un uomo, un'avventura, insieme a un bell'episodio di Storia del West, fa ancora più effetto. Insieme appunto a Storia del West (di cui mi vanto di possedere una copertina originale) e allo sfortunato Bella & Bronco, sono quanto di più appassionante io abbia letto di D'Antonio, con quel suo modo asciutto e veloce di raccontare, senza fronzoli, senza perdere tempo, lasciando che i personaggi vengano fuori dalle loro azioni e reazioni, e facendo comunque trapelare il suo pensiero.
Da leggere.

sabato, settembre 20, 2014

"Le Storie" 24: La voce di un angelo



Mi piacciono le storie delicate. Quelle che mettono responsabilità troppo grandi nelle mani di persone troppo piccole, travasando così il soprannaturale nel quotidiano e viceversa.
Ecco perché questo racconto, nel quale non ho trovato particolari picchi narrativi, disegnato in uno stile fin troppo sobrio e lineare, è riuscito a infondermi una piacevole malinconia.

lunedì, settembre 01, 2014

Mancava solo questa


Ho iniziato la stesura di un blog "parallelo", che però non è ancora pubblico. Diciamo che sto facendo un po' di riscaldamento.
Si basa su uno pseudonimo connesso a un'attività nuova, ma soprattutto sul desiderio di non avere rimpianti.  Dettagli e spiegazioni in arrivo nei prossimi mesi, con un po' di pazienza.

mercoledì, agosto 20, 2014

"Le Storie" 23: Il principe di Persia



Ci sono identità che uno si porta dentro anche se, da un punto di vista strettamente realistico e anagrafico, non corrispondono al vero.
Ci sono atmosfere inquietanti da feuilleton che scricchiolano dentro di noi mettendoci addosso brividi sottili e persistenti, anche se non troppo gelidi.
Ci sono personaggi , in stile Phantom of the Opera o anche Woman in White (tanto per rimanere sui musical di Andrew Lloyd Webber), che potrebbero continuare ad essere rielaborati per decenni, anzi secoli, e avrebbero ancora qualcosa da dire.
Poi vabbè, ci sono Paola Barbato e Nicola Mari, e a quel punto meglio lasciar fare a loro.

lunedì, agosto 11, 2014

sabato, agosto 09, 2014

Probabile neve ad agosto


Mi sono licenziata.
Ommioddio, mi sono licenziata. Ce l'ho fatta.
Come minimo, nevicherà.

lunedì, agosto 04, 2014

Gallieno Ferri, Guthrum e il Kraken


Qualche giorno fa è uscito il secondo "Color Zagor", intitolato Il ritorno di Guthrum.


Storia gradevole, con il consueto dosaggio di avventura esotica e riferimenti storici. Non una lettura di quelle che rimangono per sempre nella memoria; eppure, vedere nuovamente Guthrum sulla copertina di un albo di Zagor mi ha riportato alla mente un'altra storia che in me, bambina di 8 anni, aveva lasciato un segno indelebile. Questa:


Credo che la metà della mia passione per i fumetti e per le storie fantastiche sia nata da questa copertina di Gallieno Ferri. Dalla paura che mi metteva il kraken, dalla determinazione di Zagor e Guthrum, dallo sfondo bianco su cui l'illustrazione si staglia (d'altra parte, è ormai opinione diffusa che Ferri dia il meglio come copertinista, piuttosto che come disegnatore tout-court). Ricordo anche perfettamente come andava a finire quella lunga storia, scritta da Guido Nolitta e disegnata da Pini Segna. Meglio di tutto, ricordo il finale con la disillusione dei coloni vichinghi, la tristezza per l'epilogo di una missione iniziata con tanta speranza.
Quella sì, una lettura che mi si era scolpita dentro.

mercoledì, luglio 23, 2014

Potenza di una treccia

Ieri si è conclusa la trentesima edizione di Cartoon Club, festival di fumetti e cinema d'animazione col quale collaboro da diciotto anni.
Durante una delle serate, ho assistito a un pezzetto di uno spettacolo organizzato dai BHC per il pubblico dei cosplayer: una selezione di videoclip e colonne sonore Disney. Poco più di una playlist in stile YouTube, con cui passare un po' di tempo.
Ho visto l'entusiasmo del pubblico all'apparire del video di "Let It Go", da Frozen, e soprattutto la vera e propria ovazione che si è scatenata in corrispondenza del momento in cui Elsa disfa la sua acconciatura e si lascia cadere la treccia sulla spalla (TC 3:02).
C'è più roba in quel gesto che in tutto il film, e quei furboni della Disney lo sanno, oh se lo sanno.

martedì, luglio 15, 2014

Speciale "Le Storie": Uccidete Caravaggio



Il mio iter scolastico è stato costellato, per la maggior parte, di insegnanti validi. In quasi tutte le materie, mi è stata data una preparazione più che discreta. È solo colpa mia se, col tempo, ho dimenticato molto di quanto appreso.
Con un'eccezione: la storia dell'arte.
Ho la colpa, quella certamente sì, di non essermela studiata per conto mio. Ma questo non toglie che, a scuola, io abbia sempre beccato insegnanti di arte completamente incapaci di trasmettermi il minimo interesse per la materia. Vedo un Canaletto e lo confondo con un Tintoretto, vedo un Giorgione e decido che mi piace, così in base all'istinto del momento, vedo un Picasso e non ci capisco una cippa.
Quindi, ogni occasione in cui trovo una via, un sentierino, un pertugio attraverso il quale imparare e capire qualcosa di arte, per me è oro colato.
È andata così con "Uccidete Caravaggio", di De Nardo e Casertano. Come si fa a non godersi una storia avventurosa, di ampio respiro, storicamente documentata, che per giunta parla di come l'arte si insinua nell'anima delle persone? 10 e lode.

sabato, aprile 12, 2014

Within Temptation alla Wembley Arena


Perché certi momenti non si possono rivivere almeno una dozzina di volte?
Immagino di dovermi accontentare di questa singola serata, che ricorderò per tutta la vita, e attendere l'uscita del DVD. E di un nuovo tour.

sabato, gennaio 18, 2014

Bye bye, tesserino


Questo mese avrei dovuto rinnovare l'iscrizione all'albo dei giornalisti pubblicisti, con il consueto versamento della quota annuale (un centinaio di euro), a seguito del quale avrei ricevuto per posta il consueto bollino da applicare sul tesserino.
È una cosa che non ho mai fatto con tanta convinzione. A dirla tutta, nel 2007 ho preso la tessera solo e unicamente per far contento mio padre, che mi chiedeva sempre di spiegargli, esattamente, quale fosse il mio lavoro. Qualunque cosa io gli rispondessi, non lo convinceva.
"Ma se scrivi degli articoli, vuol dire che sei una giornalista?"
"Ma se lavori da anni con incarichi di responsabilità per questo festival, perché non ti assumono?"
"Ma fare gli adattamenti per i cartoni animati, è un lavoro vero?"
Insomma, alla fine 'sta benedetta iscrizione l'avevo fatta e, ogni anno, la rinnovavo. Mai che mi sia servita a qualcosa. Niente, nemmeno entrare gratis o con qualche sconto a mostre, fiere o prime visioni. Mi risolveva solo qualche fastidio burocratico. Se dovevo inserire la mia professione in un modulo, potevo scrivere "giornalista" invece di "libera professionista".
Poi scopro che, dal 2014, per rinnovare l'iscrizione bisogna non solo pagare, ma anche frequentare obbligatoriamente dei corsi (gratuiti) durante l'anno. E a quel punto ho deciso di liberarmi all'istante dell'iscrizione a un ordine che, oltre a non servirmi a nulla, adesso voleva pure decidere al posto mio cosa fare o non fare per migliorare la mia preparazione. Dopo lo Stato mamma, pure l'Ordine papà.
Il tutto senza contare che l'Ordine ce l'abbiamo solo noi, credo in tutta Europa. Una specie di corporativismo, molto lontano dal libero mercato di cui ogni settore avrebbe bisogno.
A qualcuno servono degli articoli scritti da me? Dovrà commissionarmeli e pagarmeli.
Non servono? Oppure: servono, ma non abbastanza da pagarmeli? Bene, vorrà dire che la mia professionalità e le mie competenze non sono abbastanza spendibili e quindi, se voglio rimanere nel giro, dovrò migliorarmi, oppure promuovermi meglio, eventualmente anche frequentare dei corsi.
In ogni caso è un problema mio, non di un Ordine papà che decide al posto mio che cosa devo o non devo fare.
Fine del rinnovo, fine dell'iscrizione. Al prossimo modulo da compilare coi miei dati, tornerò a scrivere "libera professionista" - sperando di non essere confusa con Bree Daniels.


mercoledì, gennaio 01, 2014

My 2013 in two shots

The best of 2013...






...and my resolutions for 2014:
- complete first book
- complete unfinished short tales
- build an author's platform
- hold on with my diet
- organize p-e-r-f-e-c-t-l-y the new house
- at least 2 or 3 trips to UK, 1 to Canada

...and it's more than enough!