giovedì, settembre 30, 2010

Un autunno diverso

Lo scrivevo qualche settimana fa su Facebook, che avrei sposato il motto di Cougar Town: "i quaranta sono i nuovi venti!". Vabbè, a voler essere pignoli io sono ancora a quota trentanove, ma mi piace giocare d'anticipo.

D'altra parte, era il momento giusto per inserire qualche piccola ma sostanziale modifica nella mia vita quotidiana, anche perché proprio da quest'autunno è scattata una routine che durerà per diversi anni: Micaela ha iniziato ad andare "a scuola". Non importa se per ora si chiama "asilo nido", poi si chiamerà "scuola materna" e solo da un certo momento in poi "scuola" vera e propria, fattostà che Micaela tutte le mattine va in un posto dove sta con altri bambini, fa delle attività con le maestre, pranza lì e poi aspetta la sua mamma che la va a riprendere. Le più contente di questo nuovo andazzo sono le gatte.


Abbiamo iniziato da tre settimane e abbiamo pure già avviato una "routine nella routine": le malattie che si prendono a scuola. Micky al momento ha un po' di raffreddore, un po' di tosse con catarro, e una leggera stomatite alle gengive. Io, imperterrita, la spedisco all'asilo lo stesso ogni santa mattina, non solo perché tutto sommato non è troppo malconcia, ma anche perché se inizio a tenerla a casa proprio ora, mando alle ortiche tutto il lavoro dell'inserimento. Ci vuole poco per entrare in un meccanismo che fino a pochi anni fa mi sembrava così incredibilmente alieno e distante, quello delle famiglie con figli, dei bambini da mandare a scuola, dei vestitini da comprare perché ogni sei mesi 'ste creature cambiano taglia, dei primi oggetti di cartoleria che imparano a usare (i pastelli a cera), della necessità (e del desiderio) di essere sempre efficienti e sorridenti per loro, così piccoli e fiduciosi che tu sia sempre capace di fare tutto e in grado di risolvere tutto.


Ecco, io ho pensato che se in mezzo a tutto ciò uno non si conserva degli spazi privati, in breve impazzisce (in modo più o meno evidente, più o meno nascosto). Questo va a coniugarsi con il fatto che ho riflettuto un po' sui miei ultimi anni e mi sono sentita una specie di analfabeta di ritorno. Ho letto tanto, principalmente per lavoro e per dovere, sempre più raramente per piacere; ho anche scritto tanto, sempre per lavoro e per dovere, ma mai, dico MAI, per puro piacere. Che non sarebbe neanche grave, se non fosse che anni fa scrivevo tante cose per purissimo piacere, e mi ci divertivo un mondo, e questa cosa mi manca tanto.

Da qui, due decisioni pratiche.

La prima: per quel che riguarda il lavoro, con i suoi annessi e connessi, beh sorpresa: non lavoro più gratis per nessuno (tranne ra-ris-si-me eccezioni dovute a motivi particolari). Chi mi ritiene una collaboratrice sufficientemente valida da volermi pagare, lo farà; diversamente, nisba. Dopotutto, scrivere qualche articolo in meno non vorrà dire finire in rovina, semmai vorrà dire avere qualche oretta in più per stare con Micaela, tenere vagamente in ordine il mio studio, leggere qualche libro in più e vedere qualche film in più.


La seconda: già dall'anno scorso, mi sono iscritta a un corso di scrittura creativa, in modo da "auto-fornirmi" un ulteriore impulso e qualche occasione di confronto con altre persone. E così ho ripreso a scrivere dei raccontini. Poca roba, perché comunque lavoro e famiglia assorbono parecchio tempo: ma almeno ho iniziato a contrastare il mio analfabetismo di ritorno a piccoli passi, e sto continuando quest'anno. Uno dei miei "parti" dell'anno scorso, se vi interessa, è disponibile sul blog dell'associazione che organizza il corso.

Bè, insomma, è iniziata una stagione un po' particolare. Credo (spero) che mi piacerà.

Lavori vecchi e nuovi

Qualche settimana fa:

Gundam 0083

Ora come ora:

Capeta

venerdì, settembre 17, 2010

Weekend a Monza


Sfidando gli ancora consistenti residui di influenza, domani e dopodomani sarò ospite qui, e al mio ritorno scriverò un breve reportage che verrà pubblicato qui.

Su blog e FB, ci si risente a inizio settimana prossima. :-)

martedì, settembre 14, 2010

Viva le mucche!

Avevo visto Mucche alla riscossa (titolo originale Home on the Range) una sola volta, anni fa durante Cartoon Club, sotto forma di anteprima in inglese con sottotitoli italiani. Ora che l'ho guardato in DVD è diventato uno dei miei film Disney preferiti, nonostante il suo livello non più che medio, per due motivi.

Primo, la mucca Grace è doppiata da Marina Massironi.

Secondo, Micaela si è innamorata di questa canzone. La balla e, quando è fortemente in trip, fa i versi degli animali della fattoria mano a mano che li vede (incluso lo starnuto della mucca). Lei starebbe a guardare questo video per cento volte di seguito. Io starei a guardare lei, che guarda questo video, per mille volte e più.

lunedì, settembre 13, 2010

Famiglie allargate

Fra le uscite Marvel del mese di settembre spiccano queste tre:


La numerazione della serie di Wolverine riparte da 1 (ma che ideona originale!), gli altri due albi sono giustamente dei numeri 1 perché né a X-23 né a Daken era mai stata dedicata una serie regolare.

Non avendole (ovviamente) ancora lette, non entro nel merito delle singole storie. Mi chiedo però quanto tempo ancora possa continuare il giochino di infilare Wolverine dappertutto. Probabilmente a lungo, perché è un giochino che dura da decenni e quindi evidentemente funziona senza problemi. Eppure continuo ad avere questa pulce nell'orecchio che si domanda se non sia troppo confusionaria l'idea di una nuova famiglia, diciamo una Wolverine Family, nella quale collocare diverse testate.

Nel senso: stabilito che all'interno delle due major superoistiche americane si va per famiglie (quella dell'Uomo Ragno, quella degli X-Men, quella di Batman, quella di Superman...), ha senso inserire sempre lo stesso personaggio in più di una famiglia? Wolverine già era come il prezzemolo nell'area degli X-Men, poi ha iniziato ad essere usato come guest-star trasversalmente, ovvero sbucando in tutte le testate possibili immaginabili (ancora ricordo il primo team-up tra Wolverine e l'Uomo Ragno, impietrito di fronte ai metodi spicci del "collega"), poi è entrato a far parte della famiglia dei Vendicatori, e infine adesso ha il suo gruppetto di parenti/cloni, per la serie "oh yeah, gli artigli sono tanto cool".

Non so: ci vedo un po' troppa confusione. Niente di inaffrontabile, ma comunque una sovraesposizione di scarsa utilità. Superabile, mi auguro, dalla qualità delle singole storie, perché se mi ritroverò a leggere delle avventure belle e appassionanti, tutto questo discorso lascerà il tempo che troverà e, oh yeah, saremo tutti felici e contenti. :-)

sabato, settembre 11, 2010

Premio di consolazione

L'altro giorno mi lamentavo perché, nel recente volumetto Marvel dedicato al personaggio di Psylocke, lo sceneggiatore era caduto nel vecchio cliché del litigio furibondo, per deboli ragioni, fra supereroi amici per la pelle.

Mi consolo con un albo che ho letto oggi, il secondo numero della miniserie Dark Reign: la Lista. Quelli che, come me, in passato hanno fatto appello a ogni molecola della propria sospensione dell'incredulità per giustificare l'idea che un "semplice" ex-marine un po' svalvolato potesse costantemente farla in barba a tutti i supereroi dell'universo Marvel facendoci (quasi) sempre un figurone, stavolta hanno potuto lasciarsi andare a un bel "alla buon'ora!".


Ma guarda tu se ci voleva uno ancora più svalvolato come Daken, per arrivarci. :-)
E con tutto che il Punitore scritto da Garth Ennis me lo sono letto e riletto, e lo so che è un personaggio capace di grandi cose, quando ben scritto. Però, insomma, armi contro superpoteri? Mah.

P.S. La storia dello scontro fra Daken e il Punitore non è niente di che, ma quella precedente merita: Peter Parker fa fare a Norman Osborn la figura del peracottaro e ci permette di ghignare di soddisfazione.

9/11

venerdì, settembre 10, 2010

Saperne di più

Sull'interessante blog Figli e soldi, che tengo sempre fra i miei link nella sezione "Economia e finanza" (un argomento di cui mi interesso ormai da qualche tempo), è stato pubblicato un articolo che riprendeva le conclusioni di un sondaggio svolto negli Stati Uniti per verificare se, in materia di economia, ne sapessero di più le persone di destra o di sinistra.

Non sono rimasta sorpresa nel vedere che il risultato era nettamente a favore delle persone politicamente schierate a destra. E sono rimasta piacevolmente sorpresa nel verificare che, cimentandomi con quello stesso sondaggio, ho azzeccato tutte le risposte (vabbè che erano solo 8 domande).

Il punto è che io, di economia e finanza, mi interesso un pochino. Non ho fatto corsi, non ho studiato queste materie all'università. Ho solo un'infarinatura domestica che cerco di approfondire come posso: con qualche libro (i più semplici e divulgativi che esistano) e con qualche articolo in rete o sui giornali, indipendentemente dalla loro area politica (la settimana scorsa Repubblica ha fatto una bella intervista a Tremonti, tanto per dire, lasciandogli esporre le sue tesi ma punzecchiandolo quando opportuno).

Quindi non è che ci voglia chissà quale fulgida intuizione, per aumentare un minimo le proprie competenze in queste materie. E visto che sono argomenti importantissimi per la vita quotidiana di tutti noi (sia nel privato che nel pubblico), non capisco perché così spesso la gente si tiri indietro: "ah no, io di queste cose non ci capisco niente", o peggio "ah no, io di queste cose non ne voglio sapere".

"Non ne voglio sapere"?!?

Bene o male che sia, su "queste cose" ci gira il mondo. Estromettersi spontaneamente da un'area di competenza così importante, a me sembra impensabile. E non solo: a tirarsi indietro più spesso sono, in effetti, gli amici politicamente schierati a sinistra (almeno nella mia piccola esperienza personale), che forse si portano dietro, senza nemmeno rendersene conto, un pregiudizio storico secondo cui il denaro è il male assoluto e il libero mercato è il suo profeta. Quando invece, come la maggior parte delle cose al mondo, entrambi hanno le loro zone di luce e di ombra. Se ne sapessero qualcosa in più, avrebbero un terreno concreto e fondamentale su cui confrontarsi con le persone di diversa bandiera, e fornirebbero un contributo ben più utile (alla loro stessa causa e, più in generale, alla causa di un mondo migliore) rispetto a vecchi slogan e sterili sparate su Facebook.

Cito, come lodevole eccezione a questo atteggiamento generalizzato, il mio "sinistrissimo" amico fumettista Marcello, che in questo post del suo blog "la Bulè", cita l'economista John Nash e le sue teorie. Che come tutte le teorie economiche sono confutabili e discutibili, sebbene basate su elaborazioni matematiche, ma santa pazienza, almeno sono un punto di partenza (uno dei tanti possibili) per ragionare su percorsi che conducano a un atteggiamento politico ed economico utile a mettere la gente più capace nelle condizioni di andare avanti, senza però dimenticare quelli che restano indietro. Anzi, cercando di dare a chi è rimasto indietro stimoli e opportunità per ripartire e riprovare. E magari nel frattempo dando a chi è di destra il beneficio del dubbio, senza pensare che siano tutti razzisti, omofobi, sfruttatori, cinici, ecc ecc ecc. Grazie.

Un passo indietro

Quando sfoglio i cataloghi dei distributori di fumetti, mi succede spesso di ordinare un albo pensando che magari non sarà chissà che cosa, ma sono affezionata allo sceneggiatore e/o disegnatore e/o personaggio, sicché ordiniamolo pure.

Se ho fortuna, magari il fumetto mi piace e ho modo di ricredermi.
Se non ho fortuna, il fumetto effettivamente non è chissà cosa, ma per una mezz'oretta di svago può andare.
Se proprio sono sfigata, ci trovo dentro qualcosa che mi irrita.

Mi è successo con questo albo:


[Attenzione: da qua in poi, abbondanza di spoiler.]

Non è che sia scritto o disegnato particolarmente male, anzi si difende. E' che al suo interno si verifica una situazione talmente classica da essere ormai noiosa: due supereroi se le danno di santa ragione per motivi poco credibili e poi fanno pace.

Se poi uno di quei due supereroi è Wolverine, è difficile scacciare il sospetto che questo combattimento sia stato infilato lì a forza con il solo scopo di far vendere qualche copia in più. Ma tralasciamo pure questo aspetto fin troppo pragmatico e badiamo solo alla storia.

Quel che mi infastidisce, è che questo frame trito e ritrito sia tornato in voga dopo che una bella e importante miniserie, overo Civil War con i suoi annessi e connessi, sembrava aver relegato certe ingenuità ai tempi andati.

In Civil War, gli eroi si scontravano per forti ragioni ideologiche e, in un certo senso, addirittura politiche. C'erano in gioco questioni talmente pregnanti da rendere lo scontro credibile, e per questo motivo ricco di drama e pathos. Ciascuna delle due parti riteneva di difendere un ideale sacrosanto e quindi di doversi battere - sebbene a malincuore - contro i propri amici. Funzionava a meraviglia.


Invece, nel volumetto dedicato a Psylocke, siamo tornati indietro di secoli - narrativamente parlando. Psylocke vuole morto il suo vecchio nemico Matsu’o Tsurayaba; invece Wolverine, lo stesso tizio lo vuole vivo. Non perché sia suo amico, anzi: semplicemente perché lo ha ridotto un cencio e vuole che continui a campare soffrendo come un cane.

E questo sarebbe un motivo per cui Psylocke e Wolverine dovrebbero saltarsi alla gola come due mastini? Quegli stessi Psylocke e Wolverine che avevano stabilito un legame di fiducia e lealtà in quel di Madripoor, proprio al tempo in cui la mente di Psylocke era stata travasata nel corpo della ninja asiatica Kwannon? Suvvia.


(Chris Claremont e Jim Lee, quella volta, ci avevano regalato una gran bella storia. La vignetta qui sopra l'ho messa per nostalgia, ora riprendo il filo.)

Adesso, io lo so che di queste cose tendo a fare un caso di stato: in fondo le scene di combattimento nei comic-book di supereroi restano un mio interesse da quando ci ho fatto la tesi di laurea, poi divenuta libro per Tunuè. Quindi okay, forse esagero. Eppure mi sembra un peccato mortale che una rivoluzione come quella di Civil War, su cui sono stati spesi fiumi d'inchiostro e che ha segnato un'annata straordinaria, venga poi trascurata e/o ignorata dagli autori di quella stessa casa editrice.

Psylocke per giunta è un personaggio con una lunga storia alle spalle, ricca di spunti che si potrebbero rielaborare o approfondire. Accontentarsi della solita rissa fra amici mi sembra un'occasione sprecata.

P.S. Ho trovato in rete questo acquarello di Jim Lee. Forse l'effetto nostalgia ha preso anche lui?

mercoledì, settembre 08, 2010

Di già?!?

Nel post precedente, oggi stesso, scrivevo:

E' solo l'ennesimo "segno" che mi piove dal cielo, da un annetto a questa parte. Avanti il prossimo.

Tempo qualche ora, ed è arrivato. Roba da matti. Insomma non lo pretendevo così di corsa, potevamo tranquillamente aspettare anche domani!

martedì, settembre 07, 2010

Quaterna!

Qualche giorno fa sono passata in edicola a ritirare la consueta dose di fumetti che il santo edicolante mi tiene da parte. Stavolta c'era un gruppetto costituito da quattro bonelliani: Julia 143, Cassidy 4, Greystorm 11 e Nathan Never 231.

Ora, confesso che ultimamente i fumetti bonelliani li leggo con poco entusiasmo. Non è che non abbiano spunti di interesse, eppure li trovo mediamente poco coinvolgenti. Quindi mi aspettavo che, su quattro fumetti, uno o al massimo due potessero non dico esaltarmi, ma quantomeno tenere alta la soglia della mia attenzione.

E invece, guarda un po' il caso, mi sono piaciuti tutti e quattro: una bella "quaterna bonelliana".


"Una storia in frantumi" (Julia 143) mescola gli elementi polizieschi e quelli privati in modo più armonico del solito, con una equilibrata partecipazione dei comprimari, con la giusta dose di coinvolgimento personale della protagonista, con un "caso" che la mette in gioco proprio nel suo ruolo di criminologa e non di investigatrice (come a volte inevitabilmente succede). Inoltre le vicende che riguardano la sorella Norma suggeriscono un cambiamento nella vita di questo comprimario, che magari non durerà ma fa capire come non sempre nel fumetto popolare valga la regola che tutto deve restare sempre uguale. (Non fateci caso se ritroverete alcune di queste parole in un prossimo numero di Fumo di China, ho giusto in programma una recensione di questo albo).

Cassidy, lo confesso, mi aveva convinta già dal primo albo. Curioso, essendo scritto da quello stesso Pasquale Ruju il cui Demian mi aveva lasciata così indifferente che più non si poteva. Però questo quarto episodio, "Sulle strade di Las Vegas", mi ha detto qualcosa in più degli altri e ha fatto passare in secondo piano gli elementi che avevo trovato un po' scontati. Mi piace che i due compari di Ray Cassidy siano stati un minimo approfonditi, mi piace che si sia mosso qualcosa nella villa dove risiede la figlia del protagonista, mi piace l'atmosfera anni Settanta, mi piace il tratto del disegnatore Gianluigi Gregorini, con quelle chine così nette e precise. Poi la silhouette di Tex Willer sull'insegna al neon della copertina... beh, Alessandro Poli si è divertito! :-)

L'undicesimo numero di Greystorm, "L'alba del domani", l'ho apprezzato perché tira dritto per la sua strada senza mai sbandare o attardarsi, e va a chiudere una storia nel modo che, sotto sotto, tutti volevamo: il cattivo le prende di santa ragione da tutti quanti, nemici e alleati. E le prende sia da un punto di vista fisico (trafitto da una spada, colpito in pieno petto da una specie di sarcofago, affogato...), sia intellettuale, visto che per un genio non c'è niente di peggio che vedere i suoi piani andare a farsi benedire, i suoi nemici fargli la festa, e la sua visione del mondo e degli eventi rivelarsi sbagliata. Tiè, piglia e porta a casa. E poi mi sembra che lo staff dei disegnatori (Bignamini, Denna, Palomba) abbia fatto un bel lavoro.

"Memorie del passato" (Nathan Never 231) è un albo strutturato a episodi brevi, fra i quali solo uno mi ha veramente dato qualcosa (sono una nostalgica, e quindi sono stata colpita all'idea di Martin Mystère che vaga per i resti della sua antica casa). Ho però trovato interessante la cornice, nella quale viene dato spazio alle tentazioni creative di Nathan, che si cimenta con la scrittura. Anni fa, sempre nell'ambito del fumetto popolare, la stessa cosa era capitata a Ken Parker. Credo che, tanto per una persona quanto per un personaggio, provare il desiderio di scrivere e comunicare le proprie idee ed emozioni, sia una cosa significativa. In quel Nathan che supera il proprio scetticismo e, pensando "al diavolo...", apre il cassetto dove tiene carta e penna, mi ci rivedo anche io, perché negarlo? E' solo l'ennesimo "segno" che mi piove dal cielo, da un annetto a questa parte. Avanti il prossimo. :-)

Reality


Da brava snob fatta e finita, non guardo i reality show e nemmeno i talent show. Mi fanno tutti insopportabilmente schifo, perché anche nei casi in cui dallo show effettivamente ci scappa fuori il talento interessante, comunque il tasso di piagnereccio e polemica è pur sempre troppo alto per la mia (scarsissima) pazienza.

Ne consegue che anche X-Factor non lo guardo, ma lo seguo unicamente sul blog di Diegozilla per farmi due risate (esattamente come seguo L'Isola dei Famosi unicamente sul blog di Selvaggia Lucarelli per lo stesso motivo).

Senonché, proprio nell'ambito di un post di Diegozilla sulle selezioni di X-Factor, leggo queste righe...

Non vorrei che nei giudici o nel pubblico scattasse il meccanismo dei “poverini”. Che è un atteggiamento dannoso non soltanto per i gay, ma per l’umanità tutta. [il grassetto è mio.]

...e penso: "grazie, o destino generoso, che mi fai leggere queste righe proprio una mattina in cui ne avevo un gran bisogno, e grazie perché mi fai sentire meno sola".

E ovviamente, grazie anche a Diego.

giovedì, settembre 02, 2010

Nella vecchia fattoria...

Incidenti di percorso nell'evoluzione linguistico-cognitiva di una bambina di 16 mesi. :-)

Due settimane fa.
"Tranquilla, Micky, anche se ti gira intorno al naso non ti fa niente, è solo una mosca."
"Muuuuu!"
"Mosca, tesoro, non mucca..."


Ieri.
"Micky, andiamo giù al laghetto a vedere le oche?"
"Onk! Onk! Onk!"
"Le oche, tesoro, non le foche..."