sabato, febbraio 23, 2008

Ci vado?


La tentazione di andare a questo summit è forte, ma ho pochi elementi per capire se vale davvero la pena, se mi fornirà qualcosa di veramente utile, quale sarà la percentuale di chiacchiere poco concrete. Mah. Però non mi dispiacerebbe per niente...

Aggiunta della domenica mattina: non mi dispiacerebbe per niente andare pure a questo qui. Meno male che è più vicino e non mi serve un mutuo!

Aggiunta del lunedì sera: CI VADO! A tutti e due, autorizzata e sponsorizzata dal capo. ^___^

Aggiunta del giovedì notte: vado pure a questo qui! E anche a quest'altro qua (per giunta come ospite e membro di una giuria)! Insomma una primavera di trasferte, speriamo positive.

Aggiunta del venerdì notte: porcozzìmbolo... se vado qui, non riesco ad andare qua. Uffa.
A meno di non fare un giro unico in più tappe: il 28 un salto a Milano, poi la sera stessa andare da lì a Roma, e il 30 tornare a casa. Quasi quasi...
Nel frattempo ho visto che l'esosa quota d'iscrizione del IFFS non si degna di comprendere il pernottamento. Questi sono pazzi! Vedrò come fare... ma su quella trasferta lì inizia ad esserci un po' di ipoteca. Snort.

Orizzonti economici

Stabilito che faccio un lavoro che solitamente mi dà qualcosa da mangiare (se non di più) tutti i mesi, ma è per sua natura precario (e mi sta bene così e il miraggio del posto fisso non mi interessa e il cartellino non lo voglio timbrare e tutto il resto del comizio che ormai conoscete a memoria)...
Stabilito che viviamo in un tempo di cambiamenti enormi, tecnologie che galoppano e tutto il resto di un repertorio anch'esso ormai ben noto...
Stabilito che i problemi strutturali dell'Italia e la mediocrità della nostra classe politica impediscono a questo paese di raggiungere risultati economici degni di nota, tanto più se la congiuntura mondiale è sfavorevole anzi disastrosa...

...ne consegue che inizia ad essere davvero ottuso, da parte mia, il continuare a navigare a vista fra gli strumenti economici e finanziari a disposizione dei piccoli risparmiatori senza aggiornarmi con un minimo di costanza e senza cercare di capirci qualcosa di più. Quindi mi riprometto di dare un'occhiata periodica a un paio di siti utili (Finanza.com e MorningStar.it) e di fare qualche piccolo e prudente esperimento tramite la IW Bank.

Come andrà a finire non lo so, ma almeno potrò dire di non essere rimasta impalata ad aspettare che qualcun altro (partiti, sindacati e altra gentaglia) decida come rendere sempre meno preziosi i miei risparmi.

mercoledì, febbraio 20, 2008

Commossa...

Io sottoscritta "Swan cuore di pietra" dichiaro pubblicamente di essermi molto ma molto commossa alla visione di questo video, che pertanto desidero condividere con gli amici visitatori di questo blog.
E il primo che mi dice "io non l'ho capito", come ha fatto qualcuno a cui avevo mandato il link, sa che rischia una bruttissima fine...

Sosuke & Chidori

Da alcune settimane ho interrotto il lavoro di adattamento su Zatch Bell perché era stata prevista una pausa nella lavorazione della serie. Così, il mio fraterno collega ed io ne abbiamo approfittato per metterci al lavoro su un altro adattamento, una cosa breve ma piacevole: Full Metal Panic - the Second Raid, miniserie di 13 episodi che riprende la precedente Full Metal Panic, quasi "scavalcando" l'intermezzo Full Metal Panic: Fumoffu.
Va bè, per chi non segue l'animazione giapponese sembra un grosso gioco di parole, ma in sostanza è la terza serie dedicata alle avventure di Sosuke Sagara, un soldato speciale che fa da guardia del corpo alla studentessa Chidori Kaname. Una bella altalena di avventura, dramma, commedia e umorismo, insomma mi sto divertendo.
Questa è la sigla di apertura... sì sì, è proprio il mio genere. :-)

martedì, febbraio 19, 2008

The wizard and I

«Pronto?»
«Ciao, capo, sono io.»
«Ah ciao! Allora?»
«Fatto! Finito! Lavoro consegnato, volevo farti partecipe di questo momento di trionfo. Puoi lanciarti in canti di giubilo, se vuoi.»
«Bene, allora puoi rilassarti un po'! Sono proprio contenta!»
«Tu che fai?»
«Ho lavorato tutto il giorno a una relazione, adesso sto andando da un notaio per una firma.»
«Finita, la relazione?»
«Ma va'... dovrò tirare dritto anche tutto domani.»
«Ma qual è, delle due che mi avevi detto?»
«Una nuova, che entro domani va finita.»
«Come, entro domani?! Ma da quand'è che sapevi di doverla fare?»
«Da venerdì.»
«Usti. Eh, non è che ti abbiano dato del gran preavviso... dài, stavolta non è colpa tua, sei innocente!»
«Grazie, vostro onore.»
«Invece le altre due che ti trascini da settimane, quelle sono colpa tua.»
«A rigrazie! Ma che carina che sei oggi, eh?»
«La prossima è quella per la conferenza del weekend, giusto?»
«Ti dirò, quella non mi preoccupa tanto... al limite improvviso, vado a braccio... è quella dopo ancora, che sarà un casino.»
«Ma che scadenza hai per consegnarla?»
«Martedì.»
«Bè... una settimana... anche mettendo in mezzo le altre cose che devi fare, secondo me ne vieni a capo.»
«E devo pure finire il libretto per l'Assessorato!»
«Ancora con 'sto ç@%%0 di libretto?!?»
«Eh sì, è tutto da rileggere e rivedere...»
«Questo entro quando?»
«Sempre martedì.»
«Come, sempre martedì?!?!?»
«Ohi, che ci devo fare... la scadenza è quella...»
«Santa pazienza... senti, io domani pomeriggio ho da fare ma la mattina sono libera... cosa dici, può servirti una letta al file, uno straccio di editing tanto per gradire?»
«Ah, dì... io sarò a casa che scrivo... quasi quasi, se vuoi...»
«Ti do un colpo di telefono domattina e ci mettiamo d'accordo... non potrò mica mollarti in mezzo a 'ste relazioni come niente fosse, che giovedì mi servi lucida alla riunione!»
«Va bene, ci sentiamo domani...»
«Jawhol! A domani, ciao!»
«Ciao!»

Facciamo un po' di bilancio preventivo.
Ci perdo un po' di tempo che potrei impiegare per fare altri lavori, questo sì.
Ci guadagno due o tre risate, sicuramente un tè caldo e, se ingraniamo come si deve, probabilmente un pasto al volo. Il tutto prima di andare a trovare alcuni amici e passare qualche ora in compagnia.
Alla fine, nella vita ci sono cose molto peggiori.

P.S. Il titolo del post è una citazione da Wicked. Non c'entra una cippa, ma mi piaceva.

giovedì, febbraio 14, 2008

L'amico ritrovato

E' la seconda volta in pochi mesi che mi capita di regalare questo libro, e così mi è anche capitato di rileggerlo.
Come ogni volta, ne assaporo qualche parola o qualche frase in più, oltre a ri-assaporare le parti che già so a memoria, ed oltre a godermi sempre più il meccanismo di un libro che rivela il suo senso e il suo messaggio solo con l'ultima parola dell'ultima pagina, quella che ti fa ritrovare l'amico del titolo, ma te lo fa anche nuovamente perdere. Tutto in poche sillabe, tutto in un singolo scatto del cervello che ti fa ripercorrere a ritroso le pagine precedenti e dare loro un significato nuovo.
Novantadue pagine, 5 euro, praticamente nulla, ma in quel nulla c'è tanta roba. Tra cui questo capoverso:

I giovani tra i sedici e i diciotto anni uniscono in sé un'innocenza soffusa di ingenuità, una radiosa purezza di corpo e di spirito e il bisogno appassionato di una devozione totale e disinteressata. Si tratta di una fase di breve durata che, tuttavia, per la sua stessa intensità e unicità, costituisce una delle esperienze più preziose della vita.

Mi vergogno un po' ad ammettere che questa "fase" io non l'ho ancora superata. In fondo, quando uno non ha certezze sui Grandi Temi Della Vita, non ha fedi incrollabili, non ha ideologie di riferimento, che cosa rimane se non il desiderio, anzi la necessità viscerale, di qualcosa che faccia la differenza? E che cosa può fare la differenza meglio del dedicarsi a qualcuno o qualcosa, meglio di un'assunzione di responsabilità che vada oltre l'innamoramento o il sentimento, ma diventi una decisione consapevole, una solenne promessa e un intimo motivo di orgoglio?

C'è anche un altro passaggio che mi tocca dentro, quello dove si racconta dell'inizio dell'amicizia fra Hans (il narratore in prima persona) e Konradin.

Con un gesto stranamente goffo ed impreciso, mi strinse la mano tremante. "Ciao, Hans", mi disse e io all'improvviso mi resi conto con un misto di gioia, sollievo e stupore che era timido come me e, come me, bisognoso di amicizia. Non ricordo più ciò che mi disse quel giorno, né quello che gli dissi io. Tutto ciò che so è che, per un'ora, camminammo avanti e indietro come due giovani innamorati, ancora nervosi, ancora intimiditi. E tuttavia io sentivo che quello era solo l'inizio e che da allora in poi la mia vita non sarebbe più stata vuote e triste, ma ricca e piena di speranza per entrambi.

Io ce l'ho ho avuta, un'amica di questo genere... diciamo l'equivalente di un Konradin, nella mia vita, proprio quando ero adolescente. E di certo non esiste età in cui i sentimenti si provano in maniera più profonda e viscerale. Mi rendo conto adesso che di questa persona parlo pochissimo, forse perchè i ricordi sono sempre più lontani nel tempo e ho sempre meno occasioni di tirarli fuori. Ci sono tante persone, fra le mie amicizie più recenti, che non mi hanno mai sentito fare il suo nome. Persone che se entrassero nella mia camera da letto e vedessero quella fotografia appoggiata in un angolo mi chiederebbero "chi è quella ragazza?", e io farei una gran fatica ad andare oltre un nome e una breve spiegazione. Eppure so che, prima di incontrarla e prima che lei facesse la prima mossa nella mia direzione, ero una persona diversa da quella che sono stata dopo. Non so dire se migliore o peggiore, ma di certo ero completamente un'altra persona.

Immagino ciò significhi che i miei amici di ora, mio marito, le persone a cui ora io piaccio, devono molto a questa ragazza di cui tanti fra loro non hanno neppure mai sentito parlare. E non mi spiego perchè ne parlo così poco. Forse perché, mentre nei libri ci si può permettere di essere un po' retorici o melodrammatici, nelle chiacchiere della vita reale mi sentirei esposta al ridicolo, se riuscissi a spiegare a parole cosa quel rapporto, quell'amicizia, significarono per me. Se riuscissi ad elaborare quanto e come lei mi cambiò. Se riuscissi a raccontare per davvero quella sensazione di assoluta reciprocità e... com'è che diceva, il primo passaggio che ho citato? "Devozione totale e disinteressata". Il genere di cosa che ho provato solo altre due volte in vita mia, ma ormai fuori dall'età dell'adolescenza, quella specie di lente che cambia l'intera percezione del mondo in una maniera mai più replicabile.

Spesso ho la tentazione di ritrovare quell'amica. L'ho già fatto un altro paio di volte, in passato, ma sono passati anni dall'ultima volta. So più o meno dove abita, so che cosa fa. Sarebbe bello rientrare nelle rispettive vite, sebbene a distanza (comunque, non una distanza incolmabile). Eppure sento una specie di timidezza che mi frena e mi impedisce di decidermi. Di certo la sicurezza che quella stagione è passata da anni, che nulla può essere ripetuto. Ma in fondo, ci possono essere altre infinite stagioni pronte per noi, che aspettano solo di sentirsi dare il via.

Che faccio, vado?

martedì, febbraio 12, 2008

Re-arranged!

Una delle cose che adoro di mio marito è l'effetto ingranaggio che si innesca quando parliamo di qualcosa. Ingranaggio nel senso che i concetti espressi dall'una si incastrano mirabilmente con quelli espressi dall'altro, comprendendosi alla perfezione e trasformando tutte le conversazioni (o quasi) in delle sorte di partite a ping-pong perfettamente coordinate. Non importa se siamo d'accordo su un certo argomento, cioè se la pensiamo allo stesso modo, ma è bello sapere che non ci sono incomprensioni o equivoci, che ciascuno capisce perfettamente cosa l'altro intende dire.
Detto questo, ieri c'è stata una partita a ping-pong breve ed intensa, di quelle che portano subito a casa un bel risultato. Io pensavo così, tu cosa ne dici, ma sì, perché no, tu controlla i voli che io controllo gli alberghi, tu controlla i biglietti che io controllo il conto corrente, potremmo fare così, poi potremmo andare colà, organizzarci in questo modo, scegliere questi orari.
E voilà, siore e siori, il ponte del primo maggio è deciso. Londra dal giovedì alla domenica, per andare a vedere Re-arranged, ovvero il one-woman-show di Maria Friedman, e poi qualcos'altro ancora da scegliere... ma ovviamente siamo orientati su un bel Wicked (anche perché mica lo sappiamo fino a quando ci sarà la possibilità di vedere in scena Kerry Ellis) e, se per allora sarà in zone non troppo remote, sul tour di Godspell (perché non vediamo Tiffany da tanto di quel tempo).
L'idea dello show di Maria Friedman, in particolare, mi esalta. L'ho vista in scena solo tre volte in vita mia: una volta nella versione concerto di Follies, dove interpretava Sally Durant, e le altre due in quel polpettone atomico che era The Woman in White... polpettone che riusciva a stare in piedi solo grazie alla Friedman stessa, una che ti fa tornare a sorbirti anche le nenie di Webber meno riuscite in nome della sua voce e della sua recitazione, una che nella scena del ritrovamento della sorella nell'ospedale psichiatrico fa commuovere fino alle budella anche i cuori di pietra come me. E poi, il solo fatto che sia bruttina e tracagnotta, per me è un inno alla meritocrazia teatrale: questa è una che muove le folle SOLO in virtù del suo talento e della sua voce!
Inizio pure ad avere voglia di tornarci, a Londra. Ormai è un po' che non ci vado, per tante ragioni. Ma sì, quattro giorni di pace solo per noi, il Ghigo ed io ce li meritiamo.

Il totem decapitato

Essere a casa con l'influenza ha un sacco di conseguenze negative, ma almeno una positiva: un po' di tempo libero in più. Ne approfitto per buttare giù al volo questo post dedicato a Francesco, in cui faccio riaffiorare dagli abissi della sua memoria la saga disneyana del totem decapitato... era una storia in una decina di puntate, nelle quali tutti i protagonisti dell'universo Disney (sia topi che paperi) si mettevano a indagare sul misterioso contenuto di un totem indiano. Non ricordo tutti gli autori coinvolti, ma di sicuro c'erano Carpi e Cavazzano. All'inizio era stata stampata su Topolino, una storia alla volta, in seguito venne raccolta in un volume della collana Grandi Classici Disney. Bei tempi...

lunedì, febbraio 11, 2008

No, vabbè... ci rinuncio!

Avete presente quando, due o tre giorni fa, dicevo che ero un po' giù perché avevo subìto una specie di ingiustizia?
Le cose non sono cambiate da allora, ma di certo io le ho razionalizzate. Dopotutto, è quello che faccio sempre. In fondo la mia laurea è in filosofia, mica in giurisprudenza!

Il casus belli è che qualcuno ha messo una sua questione personale davanti a una mia questione professionale e intende pertanto obbligarmi, usando fino in fondo l'autorità che è cosciente di avere su di me, ad agire in un certo modo tale da salvaguardare la sua questione personale, a totale discapito della mia questione professionale.
Come nel 90% dei casi della vita, in fondo è una questione di priorità darwiniana: "io vengo prima di te (anche se, trattandosi anche di questioni di lavoro, non avrei il diritto di scavalcarti in questo modo)". Lo facciamo tutti, a fasi alterne. Siamo sempre tutti capaci di anteporre il nostro bene a quello altrui, specie quando ci facciamo l'idea che l'esigenza altrui non sia certo questione di vita o di morte, mentre la nostra sì.
A dirla tutta, è vero. La mia questione professionale ha una certa importanza, ma non avviene la fine del mondo se non la curo. La sua questione personale è invece estremamente importante e delicata. Quindi, in termini di priorità, non posso negare l'esistenza di una gerarchia fra le due cose.

Allora, che cos'è a darmi fastidio?
Primo, mi dà fastidio che probabilmente la persona in questione nemmeno si è resa conto di aver operato questa sorta di prepotenza. Ho avuto la sensazione che abbia deciso le cose come se il tutto le fosse semplicemente dovuto, come se fosse scontato che io avrei dovuto fare a modo suo.
Secondo, mi dà fastidio che non abbia lasciato alcun margine di contrattazione, in sostanza che mi abbia impartito degli ordini senza nemmeno tentare di vedere se c'era almeno, che so, la possibilità di un compromesso.
Terzo, mi dà fastidio che questa persona, ammesso e non concesso che si sia resa conto del numero che mi stava combinando, non abbia nemmeno accennato una vaga scusa, un'ammissione di responsabilità, nulla del genere. Sarebbe bastato che mi dicesse qualcosa del tipo: "Lo so che sto anteponendo i miei casini a tutto il resto, lo so che questo a volte è ingiusto e ti ferisce, ne sono spiacente e ti prego solo di avere pazienza e di volermi bene lo stesso". Ecco, a questo punto io non avrei avuto più niente da dire, ma proprio niente.

Insomma, tagliando corto, è il mio amor proprio ad esserci rimasto male. Ho rimuginato su questa cosa a lungo e ho pensato che, una volta leccate le ferite (e non solo le mie, perché temo di avere a mia volta inferto qualche colpetto, in reazione a quelli che mi arrivavano), se davvero vogliamo venire a capo della cosa e mettere tutti i pezzi al loro posto, in modo da ripartire per benino e senza strascichi (nel lavoro e nella vita), bisogna pur riprendere il discorso, senza timore di screzi o imbarazzi. Non sopporto le robe a metà, i chiarimenti mancati, le discussioni incompiute (soprattutto quando ho la certezza che ci siano affetto e maturità sufficienti, sia da una parte che dall'altra, per arrivare in fondo nel migliore dei modi).
Così, quando stasera la famosa persona mi ha dato un colpo di telefono, fra le varie cose ho accennato anche un "beh, poi abbiamo un discorso in sospeso... alla prima occasione ne parliamo un attimo".
Risposta: "Eh? Quale discorso?"



Com'è che dicevo, poco fa? Mi dà fastidio che probabilmente la persona in questione nemmeno si è resa conto, ecc ecc. Roba da pazzi! No, basta, ci rinuncio, a volte far filtrare certe cose nei neuroni altrui è un'impresa troppo irrealizzabile.

Non è vero. In realtà non ci rinuncio... mai e poi mai.
Eppure, sento un pelino di stanchezza e rassegnazione farsi strada fra i miei, di neuroni... :-(

Quanto m'attizza 'st'omo

Sono anni che non mi affeziono ad alcuna serie televisiva... credo dai tempi della terza stagione di Buffy. Ultimamente, però, mi diverto molto a guardare N.C.I.S., nelle varie incarnazioni e stagioni su Fox Crime, RaiDue e via discorrendo. Al momento, sto aspettando che gli episodi di RaiDue si ricongiungano al punto in cui erano rimasti in sospeso qualche mese fa, e portino finalmente avanti la trama.
Poco ma sicuro, a divertirmi tanto sono i personaggi un po' pazzoidi (tanto di cappello a chi li ha creati, in primis la scienziata dark-gothic), ma non guasta nemmeno il fatto che l'attore protagonista della situazione, tale Mark Harmon, sia esattamente il mio genere di bellezza maschile matura (mentre il John Barrowman dei tempi d'oro è il genere "non maturo"). Così mi siedo a guardare le puntate, e rimango con un bel sorrisetto ebete fino alla sigla di coda.
Mio marito sopporta in silenzio. E programma vacanze londinesi per andare a vedere la sua/mia attrice di teatro preferita, ma questo è un altro discorso...

domenica, febbraio 10, 2008

Influenza pure io!

Volevo ben dire di essere l'unica ad avere l'esclusiva di salvarsi dall'influenza, tzè. E quindi, weekend con febbre, tosse, raffreddore e mal di gola, olè, tutto il repertorio!
Il che, ovviamente, non significa che non abbia dovuto lavorare almeno un po'... anzi, oggi parecchio... peraltro con risultati scarsini, appunto causa rincretinimento da influenza, sicché dovrò riprendere e rivedere il tutto nei prossimi giorni, febbre o non febbre. Che entusiasmo che c'ho.
Se rinasco, mi faccio raccomandare a un concorso pubblico per un posto in anagrafe, e appena mi viene mezza lineetta di febbre mi metto in malattia come tutti i fantozzi che si rispettino!!!
...
...
...
Ma per carità.

venerdì, febbraio 08, 2008

Maybe next year



"To flirt with rescue when one has no intention of being saved"...
La settimana scorsa mi era capitato di rivedere alcune sequenze dallo spettacolo Hey Mr Producer!, e mi ero confermata l'idea che ci sono ottimi motivi per cui Judy Dench è considerata una grandissima attrice, ma non una grandissima cantante.
Ci sono peraltro canzoni di cui anche una voce non eccelsa può dare un'interpretazione straordinaria, se la accompagna con una recitazione come si deve.
Risultato: Judy Dench che canta "Send in the Clowns" è una roba da pelle d'oca.
Le sensazioni che riesce a indurre con questa sua interpretazione (dovute naturalmente anche all'orchestra, all'arrangiamento, all'atmosfera, eccetera) sono così intense che a volte riescono a farmi piangere, pur essendo cosa nota che io non sono una facile alla commozione "da teatro", o quantomeno non nelle scene e nelle situazioni in cui la maggior parte del pubblico ci casca in automatico (ebbene sì, il mio cuore di pietra non si strugge MAI di lacrime quando Eponine muore fra le braccia di Marius in Les Miserables).
Oggi, per ragioni che non vale la pena raccontare, ho provato "in diretta" sensazioni molto simili a quelle evocate da "Send in the Clowns". Un certo senso di rassegnazione, di ingiustizia subìta, di delusione, di accettazione di un torto che non c'è modo di raddrizzare. Un coacervo di questioni che non sarà nemmeno possibile affrontare (e quindi almeno in parte sciogliere) nell'immediato. Maybe next year...
Insomma è stata una mezz'ora brutta, che ha influito sul resto della giornata. E siccome a volte mi concedo un po' di sano vittimismo, ecco che in testa a questo post ho inserito la rappresentazione ideale di quello che ho provato. Sperando che stasera il mio umore si raddrizzi almeno un po', e in effetti ho ragione di pensare che possa succedere. Hop! Forza e coraggio, via.

Non più sola

Stamattina mi è capitata una cosa bella. :-)

Negli ultimi tempi... diciamo negli ultimi tre o quattro mesi... rispetto a una certa cosa, mi sono spesso sentita un po' sola e abbandonata, quando non anche incompresa e criticata. Senza voler fare del vittimismo, per carità, ma di riffa o di raffa questa era la sensazione che mi portavo dietro.
Non capivo (e tuttora non capisco) come potessi io essere l'unica, in un certo giro di persone, che si ponesse un certo problema in termini un minimo approfonditi, un minimo impegnativi, un minimo slegati dall'ottica del comune sentire - che in certi casi, io credo, va abbandonato senza troppi scrupoli.
Però sono andata avanti, seppure fra mille dubbi ed esitazioni, provandole tutte per fare del mio meglio e per scrollarmi di dosso questa sensazione - appunto - di abbandono e di essere almeno in parte "incompresa".

E stamattina, che succede?
Che mi arriva un SMS da una persona che conosco e che stimo, ma con cui non ho rapporti particolarmente confidenziali, la quale mi propone di vederci una sera per affrontare insieme una parte di quel problema, proprio quello a proposito del quale mi sentivo abbandonata a me stessa.

Che sensazione inebriante. Non sono più l'unica! Non sono più quella che tutti guardano con sospetto misto a preoccupazione. Almeno un'altra persona, dico una, si sta ponendo davanti alla questione con un atteggiamento anche solo vagamente simile al mio, cercando di andare OLTRE il semplice prendere atto, cercando di migliorare se stessa e le proprie conoscenze allo scopo di rendersi utile, cercando di capire di più, di imparare, di approfondire.
E' grandioso. Mi viene da saltellare di gioia. Non sono più sola. ^__^

mercoledì, febbraio 06, 2008

Iokanaan ed io

Parte tutto da una tradizionale catena di pensieri alla Joyce, ovvero da un banalissimo flusso di coscienza fra i più quotidiani.

Nel caso specifico: vado a tenere una specie di conferenza, parlo di fumetti, torno a casa contenta, ripenso ad alcune parti della specie di conferenza, penso a titoli e autori di cui non ho parlato perché mi è mancato il tempo, penso a personaggi nati diversi anni fa sui quali avevo svolto i primi esercizi di analisi del testo, penso allo sceneggiatore secondo me più bravo su quel personaggio, penso alla storia che più mi aveva colpito di quello sceneggiatore, mi viene in mente una citazione che compariva in quella storia, vado a scovare una versione un pochino più lunga della citazione, e infine mi rendo conto che quella citazione ha parecchio a che vedere con sentimenti e scossoni dell'animo che all'epoca mi erano abbastanza ignoti, mentre ora li percepisco in maniera ben più penetrante.

Ah! Io ho baciato la tua bocca, Iokanaan, io ho baciato la tua bocca. C'era un acre sapore sulle tue labbra. Era il sapore del sangue?... Ma era forse il sapore dell'amore. Dicono che l'amore ha un acre sapore... Ma cosa importa? Cosa importa? Io ho baciato la tua bocca, Iokanaan, io ho baciato la tua bocca.

Cavolo. Con tutto che sono passati degli anni, mi fa rabbrividire oggi molto più di ieri.

lunedì, febbraio 04, 2008

Le origini di una passione - 1

Le operazioni di packaging domestico stanno lentamente procedendo e mi hanno condotta a tirare fuori reperti "storici" su cui da tempo non posavo gli occhi. Fra di essi, alcuni hanno spalancato un abisso di ricordi e mi hanno portata a individuare alcuni "momenti chiave" nella formazione dei miei gusti, buoni o cattivi che essi siano. Insomma le prime letture che, insieme ai primi programmi televisivi, hanno contribuito a farmi diventare la persona (nel bene e nel male) che sono oggi.
Il mio primo fumetto Disney, sinceramente non me lo ricordo. Ma il primo fumetto Disney di cui mi sono completamente innamorata e che ho letto e riletto dozzine di volte, quello sì. Eccolo: Storia e gloria della dinastia dei paperi... una serie di avventure ambientate in epoche storiche diverse, che raccontavano le vicende degli antenati di Paperino & company. Lo addocchiai in casa della mia insegnante d'inglese (perché le brave bambine figlie di papà vanno a studiare inglese da un'insegnante madrelingua già durante le elementari... ), doveva essere di suo figlio Andy. Lo chiesi in prestito promettendo di riportarlo la settimana dopo. E così passai la settimana a leggere e rileggere quel volumetto. Erano avventure appassionanti e c'erano battute che mi facevano ribaltare dalle risate.
Paperone, parlando degli antenati: «La nostra dinastia risale all'antico Egitto. Allora eravamo faraoni, poi divenimmo galli, e infine paperi!»
Gamba il Gladiatore (antenato di Gambadilegno), parlando del locandiere Petronius Paperonius (antenato di Paperone): «Non c'è un tirchio più taccagno di lui! Vende il peggior vino al prezzo più caro! Non fa credito... e da quando smercia abbacchi al forno, non si trova più un gatto in tutta Roma!»
[Inciso: la seconda è una battuta che, al giorno d'oggi, la Disney mica lascia più pubblicare; siamo nell'era del politically correct, no?]
Comunque, col cavolo che riportai indietro il volume (perché le brave bambine figlie di papà, in realtà non sono brave per niente)... e la mia insegnante, o se ne dimenticò, o finse di dimenticarsene.
Anni dopo, quando lo studio dei fumetti iniziò a divenire la mia professione, scoprii che gli autori di quella saga erano pezzi da novanta come Guido Martina, Giovan Battista Carpi e Romano Scarpa. Ci credo che mi avevano stregata...

domenica, febbraio 03, 2008

Le conclusioni di un weekend

In ordine sparso...

- Ogni scelta ha delle conseguenze.

- Quando le difese sono abbassate, è più facile farsi male. NON il contrario.

- Anche i luoghi che amiamo di più hanno bisogno dello spirito giusto per essere visitati.

- Certi uomini non sono cattivi, ma hanno una innata coglioneria che li rende capaci di ferire.

- "Non voler essere di peso" è un'ottima intenzione di cui sono lastricati interi cavalcavia all'inferno.

- "Famiglia" è un concetto che non ha nulla a che vedere con il sangue o con le promesse, ma solo con l'amore in tutte le sue forme.

- Io prometto di stare attenta a non trascurare certe priorità.

- Tu prometti di non dimenticare il mio concetto di "famiglia".

sabato, febbraio 02, 2008

"La città vecchia" by De André - Follini

Chi segue i link della colonna qui a destra avrà già visto, nei mesi scorsi, le tavole disegnate da Francesca Follini e ispirate alla canzone "La città vecchia" di Fabrizio De André, ma volevo segnalare che la storia completa è ora disponibile per essere scaricata gratuitamente dal sito di ComicUS (sezione Alien Press). Giusto nel caso che a qualcuno sia sfuggito questo gioiellino.

E quattro, e cinque!

Due ulteriori recensioni per il mio libro.
Una è stata scritta da Fabio Licari (avete presente? quello che ha mirabilmente curato i volumi dell'Uomo Ragno allegati alla Gazzetta dello Sport), nell'ambito della rubrica "Il Podio" che lui cura in totale autonomia e indipendenza (questo ci tengo a dirlo) per la rivista Fumo di China nella cui redazione anche io lavoro. Avere conquistato un "podio" mi inorgoglisce, anche perché, come sempre, non ho detto mezza parola in merito, me ne sono rimasta rigorosamente in silenzio, ben defilata.
L'altra recensione è stata scritta qualche mese fa sul blog dello Storione Saggio e mi porta a stimare il suo autore, che non conosco, perché rivolge una critica sensata all'ultimo capitolo del mio "pargoletto" e in questo modo mi ha dato da riflettere e da riconoscere alcuni limiti del libro. Da tenere presente la prossima volta che mi darò alla stesura di un testo.

venerdì, febbraio 01, 2008

Costrizioni linguistiche

E figuriamoci se prima o poi qualcuno non finiva per esagerare. Adesso pare che nelle scuole inglesi uno non possa più dire "mamma" o "papà" perché è una distinzione che può essere associata all'omofobia. Bisogna dire "genitore". Qui la notizia più in dettaglio.

Io, citando una vecchia battuta dell'immortale Drive In, azzarderei un: "Ammè... ma pare 'na strunzata".
Primo, perché qui ci si pone un problema di omofobia ma si sta cadendo nel politically correct più artificioso e qualunquista, pronto a sfociare (di 'sto passo) nell'eterofobia, e allora siamo punto e accapo.
Secondo, perché cercare di imporre barriere a una cosa duttile e scivolosa come il linguaggio naturale, è semplicemente ridicolo. Le costrizioni linguistiche non funzionano, non hanno mai funzionato. L'esperanto è nato morto perchè era artificiale, perché i linguaggi naturali, quelli veri, funzionano per evoluzione, per contaminazioni, per dinamiche sociali spontanee, non imposte.

Oh, poi sia chiaro: l'omofobia è bandita da questa casa, e se qualcuno insulta o schernisce un gay, mi viene subito la bile viola. Ma non è che, se certi vocaboli possono (talvolta - in certi casi - da certe persone) essere usati come insulti, allora in generale non vanno più pronunciate. Voglio vedere chi può impedire a un ragazzino di chiamare "mamma" sua madre.