Come qualche mio blog-lettore amico sa, ho trascorso un weekend allucinante, passato a seguire dolorose vicissitudini che riguardano una persona a cui tengo molto. Dalle dieci e mezza di sabato mattina, non ho passato un solo momento senza questo chiodo fisso in testa, scandito da eventi sempre più incasinati e più devastanti, ai quali ne seguiranno altri nelle settimane e nei mesi a venire. Non mi riguardano direttamente, ma il fatto che abbiano a che vedere con qualcuno di speciale per me, è sufficiente a ribaltarmi lo stomaco.
Sorvolando sul cosa e come sta accadendo, c'è ovviamente il momento in cui si cercano colpe e responsabilità. E' il genere di momento in cui solitamente cerco di essere obiettiva, di non condannare mai, di non giudicare, di ritrovarmi consapevole che nessuno è un mostro, che Bene e Male convivono in ciascuno di noi, che nelle giuste (o sbagliate) condizioni chiunque è capace di compiere azioni esecrabili (me compresa).
Di solito vado orgogliosa di questa mia capacità di rimanere lucida.
Ma a 'sto giro, scusatemi tanto, non ce la faccio e (qui sta il punto) non ce la VOGLIO fare. Quando un simile carico di dolore e sofferenza si riversa addosso a qualcuno sotto i miei occhi, quando azioni e reazioni sono così evidentemente sbilanciate da una parte invece che da un'altra (e anche con tutta la lucidità del mondo, il susseguirsi degli eventi non fa che confermare questo dato di fatto), allora divento una belva e in questo momento mi sento rabbiosa. Tanto che se incontrassi la persona che mi fa sorgere dentro questo rancore cieco, direi e farei sicuramente delle cose orribili. Già sabato ci sono andata vicino, ma ancora le cose non erano precipitate. Ora, è diverso.
Già, di solito mi chiedo chi sono io per giudicare o condannare. Stavolta non me ne frega un cazzo. Se uno entra in banca per fare una rapina a mano armata, e sotto la minaccia della sua pistola ci sono io, sinceramente me ne frego se magari, sotto sotto, è un poveraccio disperato, uno che ha perso la testa, uno che in realtà non è cattivo. Non avrò il diritto di giudicare, ma ho TUTTO il diritto di selezionare i miei pensieri, che in questo momento non fanno che ripetere "stai facendo del male (tanto, TROPPO male) a qualcuno che amo".
E per sprezzante che sia, come atteggiamento, è così immensamente liberatorio.
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