Questo è il blog di Valentina Semprini. Parla di fumetti, musical, vita privata e altro. Quindi contiene chiacchiere, segnalazioni, immagini, video, riflessioni, sfoghi, recensioni... insomma, è un blog: che vi aspettavate? :-)
domenica, ottobre 28, 2007
Mt 5, 44-48
Un po' di tempo fa, parlando con un'amica che aveva (e ha sempre avuto) gravi problemi di relazione con suo padre (un simpaticone che ha abbandonato lei e la madre quando lei aveva sei anni), sfornavo la massima "gli esseri umani non sono fatti per i sentimenti a senso unico". Nel caso specifico intendevo che, nonostante un legame di sangue che qualcosa vuole pur dire, trovavo più che giustificato che lei iniziasse a perdere la pazienza con quest'uomo sempre così infantile, così menefreghista, così (per farla breve) stronzo.
Poi, per puro caso, mi capita di ricordare un passo del Vangelo di Matteo che a tempi alterni mi torna in mente. "Io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". (Mt 5, 44-48)
Questioni religiose a parte (visto che il Cattolicesimo ed io ci frequentiamo pochissimo, ormai da un bel pezzo), ho sempre trovato parecchio significative le frasi che ho marcato in corsivo. La mia prosaica parafrasi è: "Qualsiasi coglione è capace di voler bene a chi gli vuole bene. Se invece uno riesce a voler bene sul serio anche a persone che non provano altrettanto amore per lui, o comunque non glielo dimostrano abbastanza, allora sì che è uno in gamba".
Da un lato a me non piace sentirmi una cogliona qualsiasi, dall'altro continuo a pensare che in effetti i sentimenti a senso unico non facciano parte del DNA umano.
Ma, a dirla tutta, quando mi ritrovo a rimuginare su quel brano di Vangelo, non si tratta quasi mai proprio di sentimenti a senso unico. Si tratta più che altro di casi in cui a me sembra di dare il mondo per qualcuno, e nella mia percezione delle cose, quel qualcuno non ricambia. E' il genere di cosa che mi fa sentire molto frustrata e che mi capita a fasi alterne con certi amici/amiche in particolare. Più o meno sempre le stesse persone.
Eppure, quando mi vengono quei piccoli o grandi attacchi di frustrazione, mi sento anche molto cogliona. Nel senso di "persona capace di amare gli altri solo quando si sente amata dagli altri". E mi faccio imbestialire da sola, perché vorrei essere migliore. E poi diciamocelo, quante volte sono io per prima a comportarmi in un certo modo nei riguardi altrui, spesso senza nemmeno rendermene conto? Ma il problema non è solo questo, è più generale.
Cioè: è voler bene, un sentimento che (più o meno esplicitamente) si aspetta di essere ricambiato?
Sono azioni buone, quelle che (più o meno esplicitamente) si aspettano qualcosa in cambio?
Se voglio davvero bene a qualcuno, non dovrei prenderlo per quello che è, accettare con gioia quello che sa darmi, e riversargli addosso il mio affetto in modo incondizionato?
O almeno, nel modo più incondizionato che io sia in grado di offrire.
Quella stessa amica che tempo fa discuteva con me di suo padre, di recente ha passato un mesetto senza mai farsi sentire. Pur sapendo che io sapevo (per sentito dire) di certi suoi gravi problemi sul lavoro, che ero preoccupata per lei, e ovviamente che mi mancava.
Io dal canto mio ero (e sono tuttora) in un periodo nero, in cui mi sento a metà fra il depresso e l'incazzato da mattina a sera, e sentivo un gran bisogno di lei, perché un insieme di significative differenze tra di noi (età, cultura, formazione, esperienze, ideali, spirito) le permettono quasi sempre di darmi un appoggio particolare, condito di parole e idee che mi danno ogni volta prospettive nuove.
E poi, insomma, se scherzando la chiamo "la mia fidanzata" vuol pur dire che c'è un legame speciale, no? Negli ultimi due anni, nonostante la distanza, siamo sempre state una a fianco dell'altra in ogni momento, con reciproco beneficio.
Comunque, lei sparita dal mondo, ed io che al terzo o quarto tentativo di sentirla rinuncio, lasciandomi sopraffarre dal nervosismo e pensando cose come: "Brutta bestia, dove sei finita? Ho bisogno di te, perché sparisci in questo modo? No, dico, sei proprio carina, dopotutto io quest'estate ho semplicemente varcato due continenti e un oceano per venire da te, e adesso tu nemmeno ti degni di mandarmi due righe per darmi uno straccio di appoggio in un momento difficile."
Da un lato pensieri di questo tipo mi sgorgavano da dentro senza freni, dall'altro mi facevano sentire molto meschina e cogliona (sempre nel senso di cui sopra).
Poi, vabbè, si è fatta sentire. Ma il punto non è il caso specifico, è l'atteggiamento generale. E' il fatto che vorrei riuscire a migliorare sotto questo profilo, e faccio una gran fatica.
Vorrei considerarlo una specie di fioretto per gli anni a venire.
Ce la farò?
Mi piace pensare di avere una chance, se non altro per orgoglio: "Qualsiasi coglione è capace di voler bene a chi gli vuole bene."
Ci provo.
Nota a latere: se per caso qualcuno osa pensare che dovrei avere cotanto atteggiamento caritatevole anche con il cialtrone che, sia pure in maniera indiretta, sta causando il nervosismo e la frustrazione delle ultime due settimane, temo che sia pretendere troppo.
Essere ben disposta verso persone che hanno (forse!) l'unica "colpa" di non amarmi quanto io amo loro, posso provarci.
Ma verso qualcuno che ne ha combinate così tante? Eh no, cazzo. Neanche morta.
Il DNA umano, alla fine ha la sua buona parte di ragioni.
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