Natalia Ginzburg lo sapeva bene.
Chiunque di noi ha nel suo bagaglio linguistico una serie di parole, suoni, modi di dire che derivano da esperienze personali, familiari, intime e chissà che altro.
E le loro origini non sono nemmeno raccontabili.
Bè: tecnicamente sì. Ma raccontarli non trasmette quel sapore di memoria e nostalgia, o comicità, o umorismo, o qualunque cosa sia, che sentiamo sulla lingua quando li pronunciamo.
Quindi non ci proverò nemmeno. A raccontare la genesi del mio lessico familiare.
Ma qualche perla esemplificativa ogni tanto, perché no?
Si inizia con una frase di cortesia. Nel vocabolario swanico, "Mùk mùk?" (detto da persona che sta sgranocchiando o bevendo qualcosa) significa: "Ne vuoi un po'?"
Adesso potete incamerarlo e farne sfoggio con la sottoscritta al momento opportuno, mandandola in brodo di giuggiole perché vuol dire che avete letto il suo blog.
Questo è il blog di Valentina Semprini. Parla di fumetti, musical, vita privata e altro. Quindi contiene chiacchiere, segnalazioni, immagini, video, riflessioni, sfoghi, recensioni... insomma, è un blog: che vi aspettavate? :-)
mercoledì, maggio 30, 2007
lunedì, maggio 21, 2007
Il porcospino nella nebbia
Normalmente non sono una fan del cinema d'animazione "d'autore". Nemmeno del fumetto "d'autore", se è per quello. Di solito amo un certo tipo di connubio tra autorialità e mainstream, quella specie di magica fusione che ha generato opere come Ken Parker o Allegro non troppo.
Eppure i cortometraggi di Yuri Norstein mi toccano dentro. Razionalmente faccio quasi fatica a seguirli... il ritmo è lento, lo stile non è chiaro né immediato. Ma ci sono piccoli dettagli che non trovo altrove.
Il porcospino nella nebbia è uno dei miei preferiti. C'è tanto stupore e tanta confusione negli occhi di questo piccolo porcospino che si perde, tanta tenerezza nel suo desiderio di contare le stelle insieme al suo amico orsetto, tanta maestà nell'immagine del cavallo bianco che gli appare.
Magari è solo che siamo tutti dei piccoli porcospini, desiderosi di fare le piccole cose che ci piacciono, sempre a rischio di perderci nella nebbia, sempre custodi in cuor nostro della speranza che un maestoso cavallo bianco ci protegga quando ci perdiamo.
Eppure i cortometraggi di Yuri Norstein mi toccano dentro. Razionalmente faccio quasi fatica a seguirli... il ritmo è lento, lo stile non è chiaro né immediato. Ma ci sono piccoli dettagli che non trovo altrove.
Il porcospino nella nebbia è uno dei miei preferiti. C'è tanto stupore e tanta confusione negli occhi di questo piccolo porcospino che si perde, tanta tenerezza nel suo desiderio di contare le stelle insieme al suo amico orsetto, tanta maestà nell'immagine del cavallo bianco che gli appare.
Magari è solo che siamo tutti dei piccoli porcospini, desiderosi di fare le piccole cose che ci piacciono, sempre a rischio di perderci nella nebbia, sempre custodi in cuor nostro della speranza che un maestoso cavallo bianco ci protegga quando ci perdiamo.
sabato, maggio 19, 2007
Passaggio di proprietà
Sono un po' tanti... cioè un po' troppi... gli autori (di fumetti o altro) che si sparlano addosso magnificando certi loro lavori e lamentandosi che il pubblico e/o la critica, a seconda dei casi, non se li sono filati abbastanza.
Così facendo, trascurano un piccino piccino sebbene cruciale dettaglino.
E cioè che, una volta che hai scritto/disegnato una cosa, una volta che l'hai pubblicata o comunque diffusa (via carta stampata, web, fotocopie...), quella cosa non è più tua. MAI PIU'. Ormai è passata di proprietà. Adesso appartiene al pubblico e SOLO a lui.
Tu potevi aver voluto dire centinaia di cose con quell'opera, potevi averci messo dentro le tue budella cucinate con mille spezie... ma se il pubblico quei sapori non li ha sentiti, è perché evidentemente li hai amalgamati male, oppure lo hai fatto benissimo ma con un gusto e con dei criteri che hanno eccessivamente precorso i tempi, e quindi magari sei pure un genio ma non puoi farne un caso di stato se il pubblico non se ne è accorto.
"Considero questa mia graphic novel uno dei miei lavori meglio riusciti, ma la gente non l'ha apprezzata".
"In questo albo ho messo tutto me stesso, eppure non ha avuto l'accoglienza che avrebbe meritato".
"Questo ciclo di episodi rappresentava una rivoluzione nel panorama narrativo preesistente, ma nessuno l'ha voluto capire".
E certo, bravi. Tutti pirla tranne voi.
Per carità, la reazione istintiva un po' la capisco. Magari passo due giorni a stendere un articolo che mi pare tanto interessante e ben scritto, e nessuno se lo fila. La volta dopo scrivo un coacervo di cazzate in un'oretta scarsa, perchè devo tappare di corsa una pagina buca, e dopo un po' qualcuno mi viene a dire che magari gli articoli mi venissero tutti così.
E per carità numero due, nessuno più di me sostiene la tesi che l'80% della gente è composta da una massa di pecoroni ignoranti che non capiscono una cippa.
Ma io almeno ho l'onestà di dire che quell'80% non è un valore assoluto, e non è formato sempre dalla stessa fauna (anche se uno zoccolo duro giurerei che ci sia). Tutti noi andiamo a farne parte di volta in volta, perché possiamo essere competenti e preparati su certe cose, ma del tutto pirla su altre.
Insomma il genio incompreso mi ha stufato. Magari se quella graphic novel non ha venduto sfracelli di copie, è perchè non era 'sto granché. Magari se la tal rivista non ti ha recensito o considerato, è perché ha avuto pietà, e ha voluto farti un favore a non stroncarti. Magari se il tal lavoro non è conteso a colpi d'arma bianca da tutti gli editori nel raggio di mille chilometri quadrati, è perché non sei un nuovo Hemingway.
E poi, scusate: ma è un concetto così complicato da doverlo spiegare?!?
Così facendo, trascurano un piccino piccino sebbene cruciale dettaglino.
E cioè che, una volta che hai scritto/disegnato una cosa, una volta che l'hai pubblicata o comunque diffusa (via carta stampata, web, fotocopie...), quella cosa non è più tua. MAI PIU'. Ormai è passata di proprietà. Adesso appartiene al pubblico e SOLO a lui.
Tu potevi aver voluto dire centinaia di cose con quell'opera, potevi averci messo dentro le tue budella cucinate con mille spezie... ma se il pubblico quei sapori non li ha sentiti, è perché evidentemente li hai amalgamati male, oppure lo hai fatto benissimo ma con un gusto e con dei criteri che hanno eccessivamente precorso i tempi, e quindi magari sei pure un genio ma non puoi farne un caso di stato se il pubblico non se ne è accorto.
"Considero questa mia graphic novel uno dei miei lavori meglio riusciti, ma la gente non l'ha apprezzata".
"In questo albo ho messo tutto me stesso, eppure non ha avuto l'accoglienza che avrebbe meritato".
"Questo ciclo di episodi rappresentava una rivoluzione nel panorama narrativo preesistente, ma nessuno l'ha voluto capire".
E certo, bravi. Tutti pirla tranne voi.
Per carità, la reazione istintiva un po' la capisco. Magari passo due giorni a stendere un articolo che mi pare tanto interessante e ben scritto, e nessuno se lo fila. La volta dopo scrivo un coacervo di cazzate in un'oretta scarsa, perchè devo tappare di corsa una pagina buca, e dopo un po' qualcuno mi viene a dire che magari gli articoli mi venissero tutti così.
E per carità numero due, nessuno più di me sostiene la tesi che l'80% della gente è composta da una massa di pecoroni ignoranti che non capiscono una cippa.
Ma io almeno ho l'onestà di dire che quell'80% non è un valore assoluto, e non è formato sempre dalla stessa fauna (anche se uno zoccolo duro giurerei che ci sia). Tutti noi andiamo a farne parte di volta in volta, perché possiamo essere competenti e preparati su certe cose, ma del tutto pirla su altre.
Insomma il genio incompreso mi ha stufato. Magari se quella graphic novel non ha venduto sfracelli di copie, è perchè non era 'sto granché. Magari se la tal rivista non ti ha recensito o considerato, è perché ha avuto pietà, e ha voluto farti un favore a non stroncarti. Magari se il tal lavoro non è conteso a colpi d'arma bianca da tutti gli editori nel raggio di mille chilometri quadrati, è perché non sei un nuovo Hemingway.
E poi, scusate: ma è un concetto così complicato da doverlo spiegare?!?
Qualcosa ha fatto click
Diego Cajelli è uno sceneggiatore di fumetti bravo, una persona simpatica, un commentatore sagace. Ha un blog, intitolato Diegozilla, che non leggevo da un po' di tempo. Ora vedo che ci ha inserito alcuni post taaanto, taaanto caruuuucci su una sua vacanza londinese.
A parte che mi ha suscitato più di un sorriso vedere fotografie di luoghi e personaggi che io sento ormai familiari...
A parte che ci sono brevi commenti e freddure sulla differenza tra Inghilterra e Italia (nonché tra inglesi e italiani) che toccano corde del mio animo molto ben predisposte in tal senso...
A parte le piccole perle di aneddotica del viaggiatore, sempre molto gradite anche perché ogni viaggiatore ha le sue, che non sono di nessun altro, ed è bello che le condivida...
...detto questo, per un istante mi sono sentita follemente innamorata di Diego alle seguenti parole (nel post Conflitto di interessi): "Forse, se sui palchi dei nostri teatri non ci fossero i primi pirla che passano in televisione, la gente riempirebbe i teatri anche qui."
Che magari non è per niente detto sia vero, dal momento che gli spettacoli privi di nomi televisivi, qui in effetti guadagnano molto meno degli altri... e anche a Londra non è che ci sia più il purismo di una volta da questo punto di vista (la degenerazione da starlette c'è anche da loro, meno evidente ma c'è anche da loro, basta guardare come si susseguono i vari cast di Chicago)... e né Londra né l'Inghilterra in fondo sono paradisi terrestri.
Ma sentire qualcosa dentro fare click e combaciare perfettamente con una parte di te, fosse pure solo per un'infinitesimale frazione di secondo, e solo per aver letto due righe su un blog altrui, è sempre una bella sensazione.
Questi sono i link alle quattro puntate del "diario londrese" pubblicate finora. Non ho idea se ce ne siano altre in arrivo, comunque il link al blog di Diego è qui nella colonna di destra, quindi non potete dire di non trovarlo più!
venerdì, maggio 18, 2007
Creatività lessicale
Una intensa discussione di lavoro con Colei Che Può è stata bruscamente interrotta da un mio attacco di riso convulso davanti a questa sua affermazione:
"Scordati di fare come ti pare, perché non è possibile che ogni volta devi metterti in mezzo! Guarda che ti avviso, sai??? Perché la Madonna è morta e tu sei già sull'orlo del buratello!!!!"
Giuro, eh? Testuale.
"Scordati di fare come ti pare, perché non è possibile che ogni volta devi metterti in mezzo! Guarda che ti avviso, sai??? Perché la Madonna è morta e tu sei già sull'orlo del buratello!!!!"
Giuro, eh? Testuale.
Scelta? Quale scelta?!?
Bene bene bene: mi trovo in un mezzo casino che DEVO pur risolvere in qualche modo, e i casi sono due. Inizialmente poteva sembrare che ci fosse una gamma di scelte più ampia, ma vedo che tante alternative si scartano praticamente da sole...
Caso A - svicolo agilmente tra le mie responsabilità, mettendo una pezza qui e là alla meno peggio, e lascio che la situazione si risolva un po' alla volta limitando il mio coinvolgimento personale.
Contropartita: qualcuno a cui voglio immensamente bene avrà di che rimetterci (professionalmente e psicologicamente).
Caso B - prendo bene di petto la cosa, lasciandomene coinvolgere fino in fondo e trovando così una soluzione più rapida e con meno strascichi.
Contropartita: il qualcuno di cui sopra si opporrà con tutte le sue forze e me ne dirà quante a un cane.
Ora, diciamolo chiaramente e ammettiamolo fino in fondo: ma veramente c'è una scelta fra i due casi?!?
E infatti il problema non è mica scegliere. È percorrere l'unica via possibile senza che mezzo mondo debba cercare di impedirmelo, porcozzimbolo!!!!!!
giovedì, maggio 17, 2007
"Aire"... ovvero "aria" in spagnolo.
Ci sono notti semplicemente perfette per respirare profondamente, godersi l'aria umida e fresca dopo un'acquazzone, e correre in moto nel buio, quando le strade sono vuote.
Questa è stata una di quelle notti.
Questa è stata una di quelle notti.
mercoledì, maggio 16, 2007
Sbranare per sport
Da qualche giorno si rincorrono in rete commenti, critiche e attacchi all'arma bianca contro lo staff organizzativo di Torino Comics, colpevole di una sonora débacle scaturita da quella che doveva essere l'arma vincente dell'edizione di quest'anno: la joint-venture con la Fiera Del Libro.
Io lì a Torino non c'ero: questioni varie mi hanno impedito di andarci, e forse, considerato quel che ho sentito, è andata meglio così. Ma tutti i malfunzionamenti e le discriminazioni di questo mondo (discriminazioni, naturalmente, da parte della cultura "ufficiale" nei confronti di quella "bassa e popolare") non giustificano l'operazione di sciacallaggio che alcuni soggetti stanno operando nei confronti dello staff di Torino Comics, staff del quale conosco benissimo da anni il responsabile, Vittorio Pavesio, persona di rara correttezza e competenza. Il quale ha certo commesso degli errori (sostanzialmente riconducibili a un eccesso di fiducia nei confronti dei suoi "nobili" interlocutori), dei quali è giusto e sacrosanto discutere, ma non merita il fango che in troppi gli stanno gettando addosso.
Questa è la sua lettera aperta, dalla quale traspare tanta amarezza per il modo in cui certi "professionisti" si sono comportati. E poi lamentiamoci se l'editoria a fumetti va a ramengo.
Io lì a Torino non c'ero: questioni varie mi hanno impedito di andarci, e forse, considerato quel che ho sentito, è andata meglio così. Ma tutti i malfunzionamenti e le discriminazioni di questo mondo (discriminazioni, naturalmente, da parte della cultura "ufficiale" nei confronti di quella "bassa e popolare") non giustificano l'operazione di sciacallaggio che alcuni soggetti stanno operando nei confronti dello staff di Torino Comics, staff del quale conosco benissimo da anni il responsabile, Vittorio Pavesio, persona di rara correttezza e competenza. Il quale ha certo commesso degli errori (sostanzialmente riconducibili a un eccesso di fiducia nei confronti dei suoi "nobili" interlocutori), dei quali è giusto e sacrosanto discutere, ma non merita il fango che in troppi gli stanno gettando addosso.
Questa è la sua lettera aperta, dalla quale traspare tanta amarezza per il modo in cui certi "professionisti" si sono comportati. E poi lamentiamoci se l'editoria a fumetti va a ramengo.
venerdì, maggio 04, 2007
48 ore di paura...
E fu così che mancavano 48 ore alla performance teatrale di fine corso. Corso di teatro, intendo. Esperienza durata un paio d'anni (con un saggio al termine di ciascuno), interessante, istruttiva, significativa, ma... finita qui.
Due anni mi sembrano un tempo più che ragionevole per meditare un giudizio, e nonostante le ottime esperienze fatte, purtroppo non ci siamo. Gli insegnanti fanno parte di una compagnia che ama il teatro d'avanguardia e di sperimentazione; peccato che io proprio NON lo ami, questo tipo di teatro. Io sono rimasta a Shakespeare, Goldoni e i musical. Non me ne frega niente di mettere in scena spettacoli il cui fine ultimo è la denuncia sociale, la propaganda culturale, ecc ecc. Mi annoiano, non mi divertono, non mi appassionano, non mi fanno venir voglia di invitare gli amici a vederli. Mi diverto di più a lavorare! E quindi, nonostante mi dispiaccia immensamente abbandonare le mie compagne di corso, che sono persone meravigliose, ho chiuso qui: fra 48 ore.
Che peraltro sono 48 ore terrorizzanti! Va bene che 'sto spettacolo non mi sembri granché (ed è comunque moooolto meglio di quello dell'anno scorso), ma una volta che l'impegno è preso, bisogna dare il massimo e pregare tutti gli Eros del mondo (questa la capiscono appunto le altre della compagnia) che vada bene. C'è sempre una gran paura. Panico panico panico! Insomma: fingers crossed, e che gli Eros ce la mandino buona. Help...
Due anni mi sembrano un tempo più che ragionevole per meditare un giudizio, e nonostante le ottime esperienze fatte, purtroppo non ci siamo. Gli insegnanti fanno parte di una compagnia che ama il teatro d'avanguardia e di sperimentazione; peccato che io proprio NON lo ami, questo tipo di teatro. Io sono rimasta a Shakespeare, Goldoni e i musical. Non me ne frega niente di mettere in scena spettacoli il cui fine ultimo è la denuncia sociale, la propaganda culturale, ecc ecc. Mi annoiano, non mi divertono, non mi appassionano, non mi fanno venir voglia di invitare gli amici a vederli. Mi diverto di più a lavorare! E quindi, nonostante mi dispiaccia immensamente abbandonare le mie compagne di corso, che sono persone meravigliose, ho chiuso qui: fra 48 ore.
Che peraltro sono 48 ore terrorizzanti! Va bene che 'sto spettacolo non mi sembri granché (ed è comunque moooolto meglio di quello dell'anno scorso), ma una volta che l'impegno è preso, bisogna dare il massimo e pregare tutti gli Eros del mondo (questa la capiscono appunto le altre della compagnia) che vada bene. C'è sempre una gran paura. Panico panico panico! Insomma: fingers crossed, e che gli Eros ce la mandino buona. Help...
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