Ieri sono finalmente andata al cinema a vedere Nine (e ho fatto bene, perché già da oggi non lo danno più). Non mi è affatto dispiaciuto, e a fronte del sei, massimo sei e mezzo, che gli aveva dato Simona (amica e "musical-journalist" di Cineblog), io arriverei a un sette, e forse pure sette e mezzo.
Devo ammettere che questo film ha un grosso problema, il quale influisce un po' su tutto il resto: una lentezza esasperante nello sviluppo della trama. A teatro funziona meglio, perché essere lì di persona, dal vivo, permette di godersi al massimo tutti quegli altri elementi a cui la trama fa da collante e che sono però, loro, la ragion d'essere di un musical: le voci, le canzoni, la musica dal vivo, gli arrangiamenti, i recitati, le coreografie... invece il cinema ha bisogno di un ritmo più veloce, di un minimo susseguirsi di eventi. A meno che non sia quel tipo di cinema in cui la trama è costituita proprio dal non-succedere, ma allora stiamo parlando di un cinema diverso e più raffinato, e Rob Marshall non è mica Antonioni.
Altra questione (occhio, qui partono gli spoiler): quando, a venti minuti dalla fine, una svolta nella trama finalmente arriva e conduce al finale, non è sufficientemente motivata. Cosa imprime la svolta al comportamento e alle azioni di Guido? Il fatto che l'amante si sia quasi uccisa? Il fatto che la moglie lo abbia piantato? Aver sognato la madre che gli dice (udite udite) "solo tu puoi decidere il tuo cammino"? I due anni passati lontano da tutto e da tutti? La chiacchierata con l'amica costumista? Insomma cosa? Potrebbe essere uno di questi elementi, potrebbe essere un misto di tutti, potrebbe essere la semplice consapevolezza di essere un cretino e un bugiardo senza spina dorsale; qualunque cosa sia, io non l'ho capito.
Il cast.
Lui, bravo. Il doppiatore, no. Il personaggio in quanto tale è di quelli che a me fanno saltare i nervi dopo un quarto d'ora ma questo è un problema mio, non sopporto i molluschi che passano il tempo ad autocommiserarsi. Nella vita come nei film.
Judi Dench, Fergie e Marion Cotillard: brave a recitare come a cantare, il che in un musical è un elemento un filino importante. Personaggi, forti e credibili, espressivi. Il meglio del film.
Kate Hudson: lei sarà anche brava ma il suo personaggio è inutile, una sciacquetta prevedibile e scontata. Se non altro, ha la funzione di mettere in moto la prima, vaga presa di coscienza del protagonista che, miracolo, decide di non andare con una sciacquetta.
Sofia Loren: poco più di un cameo, ma ben riuscito. Se lui per la madre deve avere questa specie di ammirazione divina, e se bisogna insistere sull'italianità del tutto, chi meglio di una leggenda vivente come la Loren.
Penelope Cruz e Nicole Kidman: che spreco. Per il personaggio di Carla, della serie "sembro una sciocchina ma in fondo non lo sono", non c'era bisogno di scomodare la Cruz. Quanto alla Kidman, va bene la necessità di inserire una vera diva nel ruolo, appunto, della diva, ma santo cielo se una poi deve cantare "Unusual Way", almeno che sappia cantare! (soprattutto quando nel CD più recente che c'è in commercio, il Broadway Revival 2003, "Unusual Way" è cantata da Laura Benanti, mica una vocina qualsiasi, quasi un'ottava sopra).
Qui, una ripresa pirata di Nine a Broadway (con Laura Benanti e Antonio Banderas); "Unusual Way" inizia circa a metà video.
Qui, "Unusual Way" cantata da Nicole Kidman e montata su immagini del film. Scremando il tutto dai miracoli degli studi di registrazione, credo si capisca cosa intendevo dire.
La colonna sonora: c'è chi lamenta la mancanza di grandi pezzi memorabili, a parte "Be Italian" e (forse) "Cinema Italiano". Ma è un musical, mica la Pausini. Non deve contenere brani orecchiabili al primo ascolto, deve essere qualcosa di più raffinato, qualcosa che si impara col tempo. La "Overture delle Donne" e la stessa "Unusual Way" a me sembrano deliziose (quest'ultima anzi direi struggente, la classica canzone sui rimpianti e le occasioni mancate). Che Maury Yeston non sia un mostro sacro del teatro musicale si sa, eppure qui ha fatto un lavoro onesto.
Belli l'opening e l'ending. Quest'ultimo, in particolare, con la carrellata delle protagoniste che riemergono poco a poco dalla scenografia, mi pare un bell'equivalente filmico dei final bows teatrali, che io trovo sempre commoventi.
L'inserimento dei numeri musical nel film: un po' troppo autoscopiazzato da Chicago. Preferisco i film dove la musica e il canto fanno parte della trama senza cercare scuse o escamotage; come in Moulin Rouge, per intenderci. Se il musical è un genere, teatrale e cinematografico, in cui i personaggi comunicano e si esprimono cantando e ballando oltre che parlando, allora che lo facciano e buonanotte, senza andare a scomodare allucinazioni, sogni, incubi e visioni. Per esempio la scena della fontana (quella fra Guido e Claudia) mi è piaciuta, altre molto meno.
Grandeur. La cosa buona dei musical hollywoodiani è che non hanno problemi di budget. Questo significa scenografie enormi, sfondi e panorami infiniti (Roma da tutte le parti, Roma nei palazzi e nei monumenti, Roma nelle fontane e nei tramonti, Roma, Roma, Roma!), orchestra numerosa, cori idem. Tutto ciò che può essere potenziato rispetto alla versione teatrale, che lo sia! Altrimenti perché farlo al cinema? E un bel po' di quel sette o sette e mezzo, alla fine sta proprio qui. Sta nella potenza: degli arrangiamenti, delle scenografie, e di quei due o tre personaggi di cui sopra. Da soli, tengono in piedi la baracca e la risollevano dal livello medio-basso a cui troppo spesso si avvicina.
2 commenti:
Purtroppo, su Nine il mio giudizio è moooolto meno benevolo del tuo...
Ma parlando di giudizi ed analisi: stai seguendo la nuova stagione di LOST?
Se si, passa da me ;)
Eh, come dicevo tempo fa, per i film musicali a me interessa "l'effetto teatro": datemi una bella overture e passerò sopra a tante msncanze! :-)
Quanto a LOST, non l'ho mai seguito (mea culpa!), leggo un sacco di blog che ne parlano e ovviamente ci capisco poco. Adesso faccio un salto anche da te!
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