Una volta, tanto tanto tempo fa, l'idea di scrivere storie e magari sceneggiare fumetti non mi dispiaceva. Anzi, avevo pure cominciato... a scrivere storie, dico. E avevo iniziato a imparare qualcosina sull'arte della sceneggiatura. Anzi, di più: avevo iniziato a imparare dal più bravo sceneggiatore del mondo.
Poi, ormai più di dieci anni fa è successo qualcosa, e tutto è cambiato. Fine dell'ispirazione, fine del gusto per lo scrivere, fine dell'afflato creativo: perché va bene che spesso nella scrittura c'è tanto tanto tanto mestiere e poco poco poco sentimento, ma almeno quel poco bisogna pure che ci sia.
Insomma, un blocco. Il classico, maledetto blocco. La sensazione che nulla valga la pena. O che, al contrario, pochissime cose valgano la pena, ma poi la valgono talmente tanto (perché sono cose intense, enormi, importanti) che non sarei mai in grado di tirarle fuori in modo da rendere loro giustizia. Scriverei una certa frase, e chi legge ne capirebbe un'altra.
La sensazione persistente che non possa funzionare, che non servirebbe. E non dico che non servirebbe agli altri, ma proprio non servirebbe a me stessa: perché, quando anni e anni fa scrivevo, mica lo facevo sperando di pubblicare: mi mettevo semplicemente davanti al PC e partivo per la tangente e mi appassionavo, mi divertivo, passavo del tempo in un modo che mi piaceva. Non mi serviva altro.
Il blocco ha iniziato a sgretolarsi leggermeeeeente e lentameeeeente due o tre anni fa. E' fatto di una specie di cemento armato che si disgrega a spizzichi, a momenti, alla boia d'un giuda. Quando gli pare a lui. E con altrettanta imprevedibilità si ricostruisce i pezzetti che cadono. D'accordo, facendo una media posso dire che è più la materia che si sgretola, rispetto a quella che si ricostruisce, quindi a lungo andare dovrei recuperare la capacità di stare davanti al PC a divertirmi. Anzi, in parte l'ho già fatto buttando giù le minisceneggiature di alcune strisce umoristiche sui musical, per un progettino che però devo rimettere in piedi (fino all'anno scorso, né io né la persona che pensava ai disegni eravamo in grado di conciliare questa cosa con gli altri impegni di lavoro... poi con tutto il trambusto dovuto alla malattia e alla morte di mio padre, figuriamoci se ci sono tornata sopra).
Qualche mese fa, un bel pezzo di mattone è caduto tutto in una volta. Un'amica mi aveva chiesto se avrei potuto scrivere un breve quadro teatrale, su un determinato tema, perché voleva mettere in piedi un nuovo spettacolo di prosa con la sua compagnia amatoriale. Eravamo a cena fuori, sono tornata a casa verso mezzanotte. Mi sono piazzata al PC per appuntarmi due o tre cose che erano venute fuori nella nostra conversazione... e alle tre e mezza ero ancora lì, a scrivere come una forsennata, perché mi era già venuta l'idea, quell'idea che cercavo, proprio quella che secondo me si adattava alla richiesta dell'amica.
Poi il suo progetto teatrale è andato a monte per ragioni sue, ma io intanto avevo passato tre ore e mezza a scrivere di getto, di passione, di viscere. Non mi sentivo così bene da tanto di quel tempo. Non mi interessa se quel canovaccio sia venuto bene o male, non è quello il punto, anzi è senz'altro una cosa modesta. Ma intanto l'ho scritto, non è rimasto un'accozzaglia di appunti, l'ho proprio scritto. Per davvero!
Ora i mesi passano e io ogni tanto sento quel pizzicore in fondo allo stomaco, sento il baluginare di un'ideuzza, un leggero fremito alla punta delle dita. So di cosa vorrei raccontare, so che vorrei mettere in piedi un contesto di fantasia nel quale riversare pensieri e sensazioni fin troppo reali, so che vorrei recuperare un immaginario che mi appartiene da sempre e che di anno in anno muta e si trasforma, però senza mai abbandonare il suo nucleo originale.
I punti saldi quali sono?
Intanto vorrei una storia che parli prevalentemente di donne. Le vere protagoniste sarebbero tutte femminili. Certo, circondate da uomini, interagenti con uomini, amanti di uomini... ma la storia vera sarebbe la loro (e in un altro post spiegherò come mai).
Poi vorrei che ci fosse dell'azione. Azione epica, gloriosa, eroica. Quella che nel mondo vero non si trova quasi più da nessuna parte.
E poi vorrei storie che ruotassero intorno ai soli sentimenti per cui valga la pena stare al mondo, storie di fiducia anzi fedeltà, ma anche tradimenti e perdono, ma anche mera sopravvivenza e tutto cambia niente resta uguale, e prima parti prima torni, e amici diversi sono buoni in momenti diversi, storie di sentimenti a volte pragmatici e meschini, ma talmente umani da essere gloriosi a modo loro, storie di persone che sanno cosa vogliono e come, ma anche di persone che si dibattono nell'ansia e nel dubbio, la storia di chi non trova un senso alla propria vita e implora di poter almeno dare un senso alla propria morte...
Bè, come dire, sono di poche pretese.
Ma forse, un giorno, chissà.
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