Ieri, nel corso di un viaggio di lavoro, ho avuto occasione di incontrare e rivedere, dopo parecchio tempo, un amico che in passato, per un breve periodo, lavorò con me. Faceva parte di una squadra di ragazzi (ora non più sbarbini, eh no, il tempo passa anche per noi) che avevo messo insieme in una situazione abbastanza disperata, ma che avevo dovuto in qualche modo affrontare. Ovvero: prendere le redini di una rivista che era stata abbandonata dal suo direttore editoriale, per una serie di vicende che ovviamente vedevano torti e ragioni sia da parte sua che da parte dell'editore. Comunque fosse, a me era toccato il compito di rimettere in piedi questa rivista... diciamo pure un compito impossibile, dato il periodo e data l'inesperienza. Ma bisognava comunque provare.
Il risultato non mi hai mai soddisfatta in termini di durata: appena una decina di numeri... però mi ha lasciato enormi soddisfazioni in termini di lavoro di squadra. Molte delle persone che avevo coinvolto a suo tempo (vuoi perché le conoscevo di persona, vuoi perché erano conoscenti di conscenti) erano all'epoca studenti, o neolaureati, o semplici appassionati, tutti desiderosi di cimentarsi nella stesura di articoli o recensioni. Gente sveglia, attenta, curiosa, che si trovava sparsa per diverse città ma era contenta di avere questa cosa in comune e aveva palesemente una marcia in più.
Adesso, uno di loro è ricercatore universitario e sforna in continuazione libri (belli!) sui cartoni animati e i fumetti.
Un altro è un apprezzato sceneggiatore di cartoni animati, che ha lavorato anche per produzioni importanti.
Un altro è traduttore e adattatore di fumetti e serie animate giapponesi.
Un altro ha fondato un service di prodotti per l'editoria e gli audiovisivi, e si sta affermando come esperto di cinema d'animazione.
Un altro l'ho un po' perso di vista, ma so che ha scritto almeno un buon libro sul fumetto giapponese.
E un altro è appunto quello che ho incontrato ieri, nella sua veste di direttore di un nuovo festival di cinema d'animazione.
Non sono orgoliosa di tutte le mie esperienze lavorative passate. E quell'esperienza in particolare, è sempre stata molto controversa e pesante da molti punti di vista. Ma della squadra che avevo selezionato e che aveva lavorato insieme a me per quella rivista, sono (e sono sempre stata) molto fiera. Certo nessuno di loro è più lo sbarbino di allora, alcuni di loro non sono poi tanto distanti da me in termini di età, e parecchi di loro mi hanno sopravanzata in termini di carriera. Ma in fondo, almeno in parte non smetterò mai di considerarli "i miei ragazzi". :-)
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