Da snob garantita e conclamata, non ho aderito al nuovo "trend" che dilaga su Facebook, overo quello che dai suoi promotori viene così promosso: «Per la "Giornata internazionale per l'Infanzia" del 20 novembre cambia la foto del tuo profilo di Facebook con quella di un eroe dei cartoni animati della tua infanzia e invita i tuoi amici a fare lo stesso... lo scopo? Per diversi giorni non vedremo una sola faccia "vera" su Facebook ma un'invasione di ricordi d'infanzia :) FORZA RAGAZZI! Voglio proprio vedere cosa mettete...»
Il sito d'informazione Nuova Società, in questo articolo, precisa: «Andando oltre l'idea simpatica che ha coinvolto la rete, occorre precisare lo scopo dell'iniziativa, quello di ricordare la Carta dei Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza ratificata il 20 novembre 1995, un documento internazionale per promuovere con più incisività il benessere dei minori.»
Bene: capisco la trovata goliardica e il gusto di fare una specie di gioco tutti insieme. Ma allora avrei preferito che, appunto, semplicemente di un gioco si trattasse. Come quando, l'anno scorso, le donne scrivevano un colore nel proprio status, senza dare spiegazioni e lasciando gli uomini a chiedersi che senso avesse. Era semplicemente la risposta alla domanda "Di che colore è il reggiseno che indossi in questo momento?". Appunto, un gioco.
Siccome invece su certi argomenti non mi pare il caso di essere faciloni e nemmeno giocherelloni, a me 'sta storia di cambiare l'avatar sembra l'ennesima trovata in cui, aderendo d'istinto e con le migliori intenzioni, ci si culla nell'illusione di fare qualcosa per una giusta causa. E in realtà non si fa un accidente di niente, come peraltro nella quasi totalità delle "campagne sociali" di Facebook: e metti questa foto nel profilo, e condividi questa frase, e se non la condividi sei un bastardo, e aggiungi questo fiocchetto che simboleggia la lotta per la salvezza dei rarissimi elefanti a pallini... allora, o tu per gli elefanti a pallini fai effettivamente qualcosa (per esempio una donazione all'ATEP, Associazione per la Tutela degli Elefanti a Pallini), o tutte queste belle parole e bei disegnini su Facebook non impediranno agli elefanti a pallini di passare a miglior vita. E non mi tirate fuori la storia della sensibilizzazione, perché dal momento che 'ste menate fanno il giro dei tuoi amici e degli amici degli amici, al 99% toccano persone che su quegli argomenti sono già sensibilizzate.
Più in generale, sposo l'idea che se una cosa non ti costa nulla (soldi / tempo / lavoro / fatica / quel che è), allora non vale nulla. Almeno un gesto concreto minimo, ci deve stare. Oggi ho preparato un pacchetto di vestiti che a Micaela non vanno più bene, domattina li passo alla Caritas che li distribuirà ad altri bambini meno fortunati e meno abbienti di Micky. A quel punto e solo a quel punto, potrei anche decidere di cambiare il mio avatar per qualche giorno. O, al limite, potrei farlo se fossi consapevole di agire concretamente per la causa dei diritti dei bambini in altre occasioni con una certa regolarità, non per forza questa settimana (ma, lo ammetto, non è il mio caso).
Va da sé, l'avatar sarebbe questo. Non solo un personaggio della mia infanzia, ma un personaggio che, fra tanti gesti eroici, ha compiuto anche quello di adottare una ragazzina povera.
Questo è il blog di Valentina Semprini. Parla di fumetti, musical, vita privata e altro. Quindi contiene chiacchiere, segnalazioni, immagini, video, riflessioni, sfoghi, recensioni... insomma, è un blog: che vi aspettavate? :-)
giovedì, novembre 18, 2010
Benvenuto, Shin Mazinger Z
mercoledì, novembre 17, 2010
Faticosa e struggente lentezza
Da tempo, per numerose ragioni, faccio fatica a impegnarmi nella lettura di un solo libro alla volta; c'è sempre qualcosa che si inserisce, qualcosa che devo leggere al volo, qualcosa che non può aspettare... però, con la dovuta calma e pazienza, ciò che inizio, poi lo finisco.
Ma una fatica come con Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, non l'avevo mai fatta. Una fatica bella e appassionante, sia chiaro, una fatica di quelle che vorrei continuassero a lungo; e forse proprio per questo procedo a rilento, per rimandare il più possibile la lettura dell'ultima pagina.
C'è uno stile impegnativo, che mescola italiano e inglese non solo pescando dei vocaboli da una lingua e inserendoli nell'altra, ma anche adattando all'italiano costruzioni sintattiche anglosassoni, roba che se negli ultimi anni non avessi intensamente coltivato il mio inglese (e comunque non basta mai), capirei la metà di quel che c'è scritto. Ci sono personaggi asciutti, descritti con tale sicurezza da farteli sentire veri come se ti stessero di fronte, con i loro vestiti infangati, le loro barbe sfatte e le loro armi che si inceppano. Ci sono eventi troppo quotidiani per essere avventurosi, troppo prosaici per lasciare spazio all'epica o alla poesia, eppure ogni azione di guerriglia ti sembra di vederla, ogni partigiano caduto ti sembra di conoscerlo, ogni contadino coinvolto ti sembra di capirlo intimamente.
Vado avanti poco poco alla volta, due o tre pagine al giorno, lasciando scorrere il tempo lentamente, proprio come per Johnny che vive una Resistenza fatta soprattutto di lunghe attese, di inverni freddi che non passano mai, di poche, sparute azioni di guerriglia che sembrano non portare mai a niente.
Quest'estate avevo divorato Una questione privata (dello stesso autore) nell'arco di un paio d'ore, scorrendo pagina dopo pagina quasi in preda a un raptus mistico; invece, Il partigiano Johnny mi sta facendo riscoprire il piacere della lentezza e della costanza. Piano, piano, piano.
Ma una fatica come con Il partigiano Johnny di Beppe Fenoglio, non l'avevo mai fatta. Una fatica bella e appassionante, sia chiaro, una fatica di quelle che vorrei continuassero a lungo; e forse proprio per questo procedo a rilento, per rimandare il più possibile la lettura dell'ultima pagina.
C'è uno stile impegnativo, che mescola italiano e inglese non solo pescando dei vocaboli da una lingua e inserendoli nell'altra, ma anche adattando all'italiano costruzioni sintattiche anglosassoni, roba che se negli ultimi anni non avessi intensamente coltivato il mio inglese (e comunque non basta mai), capirei la metà di quel che c'è scritto. Ci sono personaggi asciutti, descritti con tale sicurezza da farteli sentire veri come se ti stessero di fronte, con i loro vestiti infangati, le loro barbe sfatte e le loro armi che si inceppano. Ci sono eventi troppo quotidiani per essere avventurosi, troppo prosaici per lasciare spazio all'epica o alla poesia, eppure ogni azione di guerriglia ti sembra di vederla, ogni partigiano caduto ti sembra di conoscerlo, ogni contadino coinvolto ti sembra di capirlo intimamente.
Vado avanti poco poco alla volta, due o tre pagine al giorno, lasciando scorrere il tempo lentamente, proprio come per Johnny che vive una Resistenza fatta soprattutto di lunghe attese, di inverni freddi che non passano mai, di poche, sparute azioni di guerriglia che sembrano non portare mai a niente.
Quest'estate avevo divorato Una questione privata (dello stesso autore) nell'arco di un paio d'ore, scorrendo pagina dopo pagina quasi in preda a un raptus mistico; invece, Il partigiano Johnny mi sta facendo riscoprire il piacere della lentezza e della costanza. Piano, piano, piano.
martedì, novembre 16, 2010
Sono già passati due anni
Qualche giorno fa ho ricevuto per posta uno scatolone del mio pusher, contenente la solita infornata mensile di fumetti, tra cui alcuni arretrati che da tempo speravo di rimediare. Tra questi un paio di albi collegati alla saga Marvel de L'iniziativa ("saga" è il termine più decente che mi sovviene, in questo caso penso che "cross-over" non sarebbe appropriato), uno dei quali il volumetto che raccoglie la miniserie in 6 numeri dedicata a Sub-Mariner. Storia gradevole, disegni accettabili (anche se a volte sembrano una brutta copia di Alan Davis), insomma un volume non imprescindibile ma comunque un tassello significativo negli eventi Marvel di fine 2007.
Niente di che, insomma, eppure quando ho avuto l'albo nelle mani, mi è scappato un piccolo tuffo al cuore. Perché la copertina è di Michael Turner, e perché l'idea che Michael Turner non ci sia più, già da un paio d'anni, ancora non l'ho digerita.
Sarà che era del 1971, proprio come me. Sarà che, insieme a tanti altri lettori, a suo tempo avevo sgranato gli occhi davanti alle sue tavole di Witchblade pensando "e questo da dove è uscito?!?". Sarà che si è sempre dedicato al fumetto popolare e avventuroso, quello a cui sono più affezionata. Sarà che le sue donnine avevano sì quella noiosa aria da top model "anvedi quanto so' bbona colle chiappe de fòri", però non era tutto lì, e nei suoi disegni c'era anche dell'altro. Sarà perché ha contribuito a creare la saga di Witchblade che tutto sommato qualche bel momento l'ha avuto. Sarà per le sue copertine di Identity Crisis e di Civil War, piccoli preziosi gioielli messi a guarnire due diademi già regali.
Non lo so. Sarà che quando una persona così piena di grazia e talento muore ancora giovane, ho sempre questa sensazione che sia stata commessa una solenne ingiustizia, e che per di più non ci sia nessuno con cui prendersela.
Niente di che, insomma, eppure quando ho avuto l'albo nelle mani, mi è scappato un piccolo tuffo al cuore. Perché la copertina è di Michael Turner, e perché l'idea che Michael Turner non ci sia più, già da un paio d'anni, ancora non l'ho digerita.
Sarà che era del 1971, proprio come me. Sarà che, insieme a tanti altri lettori, a suo tempo avevo sgranato gli occhi davanti alle sue tavole di Witchblade pensando "e questo da dove è uscito?!?". Sarà che si è sempre dedicato al fumetto popolare e avventuroso, quello a cui sono più affezionata. Sarà che le sue donnine avevano sì quella noiosa aria da top model "anvedi quanto so' bbona colle chiappe de fòri", però non era tutto lì, e nei suoi disegni c'era anche dell'altro. Sarà perché ha contribuito a creare la saga di Witchblade che tutto sommato qualche bel momento l'ha avuto. Sarà per le sue copertine di Identity Crisis e di Civil War, piccoli preziosi gioielli messi a guarnire due diademi già regali.
Non lo so. Sarà che quando una persona così piena di grazia e talento muore ancora giovane, ho sempre questa sensazione che sia stata commessa una solenne ingiustizia, e che per di più non ci sia nessuno con cui prendersela.
lunedì, novembre 15, 2010
Similitudini fumettose
Praticamente la stessa gag, e io me la rido a crepapelle ogni volta.
Bè, magari con la chiosa di Rat-Man me la rido un po' di più. :-)
Bè, magari con la chiosa di Rat-Man me la rido un po' di più. :-)
martedì, novembre 09, 2010
Verso i Rifugi Oscuri
La nave veleggiò nell'Alto Mare e passò ad Ovest, e infine, in una notte di pioggia, Frodo sentì nell'aria una fresca fragranza, e udì dei canti giungere da oltre i flutti. Allora gli parve che, come quando sognava nella casa di Bombadil, la grigia cortina di pioggia si trasformasse in vetro argentato e venisse aperta, svelando candide rive e una terra verde al lume dell'alba.
Ma per Sam la sera diventò buia, mentre si teneva in piedi sulla riva, e guardando il grigio mare vide soltanto un'ombra sulle acque che scomparve presto a Occidente. Rimase a lungo lì immobile, udendo soltanto il sospiro e il mormorio delle onde sulle spiagge della Terra di Mezzo, e il rumore penetrò sino in fondo al suo cuore.
[J.R.R. Tolkien, "Il Signore degli Anelli"]
Ma per Sam la sera diventò buia, mentre si teneva in piedi sulla riva, e guardando il grigio mare vide soltanto un'ombra sulle acque che scomparve presto a Occidente. Rimase a lungo lì immobile, udendo soltanto il sospiro e il mormorio delle onde sulle spiagge della Terra di Mezzo, e il rumore penetrò sino in fondo al suo cuore.
[J.R.R. Tolkien, "Il Signore degli Anelli"]
mercoledì, novembre 03, 2010
One singular sensation...
Quando mi capita di sentirmi domandare, da qualche amico "profano", cosa ci trovo nei musical, mi viene da pensare che fra le tante risposte dovrebbe sempre avere un ruolo di primo piano questo video.
Potrebbe tranquillamente intitolarsi "la ricerca della perfezione".
Potrebbe tranquillamente intitolarsi "la ricerca della perfezione".
martedì, novembre 02, 2010
Iscriviti a:
Post (Atom)