Tempo ventiquattr'ore e il trailer del film 300, ispirato all'omonima graphic novel di Frank Miller, a sua volta ispirata alla vicenda degli Spartani alle Termopili, è stato tolto dalla circolazione... la Warner non ha gradito che il file fosse trapelato in giro per la rete prima che i loro dirigenti lo ufficializzassero. Peccato. Qualcosa di interessante comunque c'è, a partire dal Video Journal della produzione: backstage, interviste, filmati vari. Da vedere!http://300themovie.warnerbros.com/video_journals.html
Ah, per la cronaca, il manzo nella locandina del film è il protagonista, ovvero Gerard Butler... l'interprete del povero Fantasma Dell'Opera di Webber / Schumacher. Decisamente, come Leonida rende molto, ma MOLTO meglio!
Questo è il blog di Valentina Semprini. Parla di fumetti, musical, vita privata e altro. Quindi contiene chiacchiere, segnalazioni, immagini, video, riflessioni, sfoghi, recensioni... insomma, è un blog: che vi aspettavate? :-)
sabato, settembre 23, 2006
venerdì, settembre 22, 2006
Basita
Questa è breve, ma merita.
Due o tre giorni fa: giornata di sole, ora di pranzo, mi reco al parco. Ho con me un libro contenente dei saggi di semiotica del fumetto e devo assolutamente studiarne per bene uno, nel minor tempo possibile e quindi con la massima concentrazione possibile, per ragioni di lavoro. Sono armata di occhiali da sole e Ipod, per isolarmi più che posso. Mi piazzo su una panchina, tiro fuori il mio armamentario, apro il libro e inizio a studiare il saggio, sottolineando alcuni passaggi a matita.
Insomma: posto che uno non avesse proprio il Q.I. di un branzino, era alquanto evidente che stavo studiando.
Improvvisamente, al margine del mio campo visivo vedo muoversi qualcosa. Alzo lo sguardo e mi ritrovo un tizio, seduto su una panchina accanto alla mia, che muove la mano davanti a me per attirare la mia attenzione.
Tolgo un auricolare in modo da non passare completamente da cafona, lo guardo e lui (indicando la copertina del libro, che mostra una vignetta di un fumetto d'epoca): "Cos'è, un rebus?"
Già qui resto basita da questa domanda così arguta e dalla evidente intenzione del tizio di attaccare bottone, nonostante (ribadisco) fosse e-vi-den-te che ero intenta a una lettura e che non avevo intenzione di distrarmi.
Rispondo, con un tono che non ammetteva possibilità di errore: "No, è un libro di testo, sto stu-dian-do". Tradotto: e - tu - dannato - rompiballe - devi - lasciarmi - studiare.
Lui (e qui tocchiamo veramente l'apice), scuotendo la testa e con l'espressione di un rettile appena emerso da mesi di letargo: "Ah, io non li so fare, i cruciverba..."
La mia mascella precipita a terra e sfoggio lo sguardo di chi non capisce se (A) sta dicendo sul serio, (B) mi sta pigliando per i fondelli, (C) sono su Candid Camera.
Sono passati alcuni giorni e tuttora mi viene da guardami alle spalle col timore di ritrovarmi pedinata da un operatore con una cinepresa. Ma si può?!?
Due o tre giorni fa: giornata di sole, ora di pranzo, mi reco al parco. Ho con me un libro contenente dei saggi di semiotica del fumetto e devo assolutamente studiarne per bene uno, nel minor tempo possibile e quindi con la massima concentrazione possibile, per ragioni di lavoro. Sono armata di occhiali da sole e Ipod, per isolarmi più che posso. Mi piazzo su una panchina, tiro fuori il mio armamentario, apro il libro e inizio a studiare il saggio, sottolineando alcuni passaggi a matita.
Insomma: posto che uno non avesse proprio il Q.I. di un branzino, era alquanto evidente che stavo studiando.
Improvvisamente, al margine del mio campo visivo vedo muoversi qualcosa. Alzo lo sguardo e mi ritrovo un tizio, seduto su una panchina accanto alla mia, che muove la mano davanti a me per attirare la mia attenzione.
Tolgo un auricolare in modo da non passare completamente da cafona, lo guardo e lui (indicando la copertina del libro, che mostra una vignetta di un fumetto d'epoca): "Cos'è, un rebus?"
Già qui resto basita da questa domanda così arguta e dalla evidente intenzione del tizio di attaccare bottone, nonostante (ribadisco) fosse e-vi-den-te che ero intenta a una lettura e che non avevo intenzione di distrarmi.
Rispondo, con un tono che non ammetteva possibilità di errore: "No, è un libro di testo, sto stu-dian-do". Tradotto: e - tu - dannato - rompiballe - devi - lasciarmi - studiare.
Lui (e qui tocchiamo veramente l'apice), scuotendo la testa e con l'espressione di un rettile appena emerso da mesi di letargo: "Ah, io non li so fare, i cruciverba..."
La mia mascella precipita a terra e sfoggio lo sguardo di chi non capisce se (A) sta dicendo sul serio, (B) mi sta pigliando per i fondelli, (C) sono su Candid Camera.
Sono passati alcuni giorni e tuttora mi viene da guardami alle spalle col timore di ritrovarmi pedinata da un operatore con una cinepresa. Ma si può?!?
giovedì, settembre 21, 2006
Un regalo mica da poco
Qualche giorno fa è successa una cosa molto bella. Che non sto a spiegare adesso, la svelerò più avanti, perché dovrà in un certo senso essere ufficializzata a breve, ma intanto volevo comunicare ai lettori del mio blog che per almeno mezza giornata sono stata molto felice e soddisfatta di me stessa. No, non è nulla di trascendentale, non ho vinto miliardi a una lotteria e questa cosa non cambierà la mia vita. Ma mezza giornata di felicità e soddisfazione è un regalo mica da poco.
mercoledì, settembre 13, 2006
Impagabile
Appena tornata da una cena per pochi intimi: Collega 1, Collega 2 (buon compleanno!) e Grande Capessa. Pare che il mio trend "cerchiamo di condurre una vita vagamente normale" stia continuando e ancora non mi sembra del tutto vero. Ho addirittura azzardato un "domattina mi considero in ferie"... cose dell'altro mondo.
Non posso esimermi dall'appuntare una perla di conversazione generosamente elargita da Collega 1, che fa concorrenza ai capolavori di Lisa di qualche giorno fa.
"Il fatto che lui sia ricco non c'entra, loro due si amano immensamente. Però coi soldi si amano meglio".
...e poi ne ha sfornate un altro paio che adesso non ricordo, modificherò il post appena mi tornerà la memoria. Ad ogni modo, Collega 1, sei impagabile.
Non posso esimermi dall'appuntare una perla di conversazione generosamente elargita da Collega 1, che fa concorrenza ai capolavori di Lisa di qualche giorno fa.
"Il fatto che lui sia ricco non c'entra, loro due si amano immensamente. Però coi soldi si amano meglio".
...e poi ne ha sfornate un altro paio che adesso non ricordo, modificherò il post appena mi tornerà la memoria. Ad ogni modo, Collega 1, sei impagabile.
martedì, settembre 12, 2006
Ronf
Ore 3:24 del mattino. Appena tornata da casa del grafico dopo aver chiuso la rivista. E aggiungi quello, e correggi quest'altro, e sistema quell'altro ancora...
Insomma: la prossima volta che mi punge vaghezza di congratularmi con me stessa per una giornata trascorsa pacificamente e senza stress, qualcuno mi ricordi di aspettare il mattino dopo, ché non si sa mai.
Ma cribbio!
Insomma: la prossima volta che mi punge vaghezza di congratularmi con me stessa per una giornata trascorsa pacificamente e senza stress, qualcuno mi ricordi di aspettare il mattino dopo, ché non si sa mai.
Ma cribbio!
lunedì, settembre 11, 2006
Una giornata memorabile
...e non certo per i tristi ricordi che si porta dietro (le Twin Towers stanno ancora sul gozzo a tutti) ma per come le sue fasi si sono stranamente concatenate.
Ore 8:30, in piedi (si consideri che ero andata a nanna verso l'una e mezza causa lavoro).
Colazione NON ingoiata con l'imbuto, pappa e coccole per le micie, normali attività mattiniere. Controllo posta elettronica, smaltimento di alcune piccolezze di lavoro (SENZA guardare di continuo l'orologio).
Ore 10:00 circa, esco di casa, prendo la bicicletta (tempo meraviglioso, soleggiato ma con leggera brezzolina fresca) e liquido alcune commissioni (banca, edicola, ufficio postale), dopodiché vado nell'ufficio dell'associazione con cui abitualmente collaboro. Sistemo tutta una serie di lavori che avevo in mente, sento al telefono un'amica che non sentivo da una vita e (forse) le rimedio un lavoretto, passo del tempo piacevole assieme a Collega 1 e Collega 2 ("eh, tu blogghi troppo!"), faccio un po' di coccole a Grande Capessa Stressata, infine me ne vado tranquilla e rilassata (!!!) verso le 13:15.
Passo al supermercato, compro due tramezzini e una macedonia, dopodiché mi infilo dentro il parco, trovo un alberello solitario con tanta ombra, mi ci piazzo sotto e mi concedo un mini picnic. Clima meraviglioso, panorama molto bello, poca gente, brezzolina gradevolissima. Mi autoimpongo di non avere fretta e NON ingoiare con l'imbuto neanche qui. Mi rincretinisco di beatitudine.
Finisco TRANQUILLAMENTE di mangiare e di leggere l'ultimo numero di Julia. Mi alzo, raccatto i resti del pranzo, li butto via, risalgo sulla bibicletta e passo a casa, dove rimango un paio d'ore. Pappa e coccole alle micie, smaltimento di nuova posta elettronica e altre cosette.
Verso le 16:00 esco di nuovo e vado dal bici-meccanico, perché durante la mattinata mi ero accorta che un pedale della bicicletta non era a posto (e così faccio finalmente aggiustare anche il cavalletto). Gli lascio la bicicletta, che sarà pronta domani, e vado di nuovo a piedi all'ufficio, dove in capo a un paio d'ore completo altre cose che avevo in ballo, una in particolare che ho sistemato insieme a Collega 2. Finisco persino di correggere le bozze della rivista per cui lavoro.
Mi incammino verso casa, riesco a passare da lattaio e macellaio prima che chiudano SENZA dover correre i 400 metri piani. Investo un quarto d'ora di tempo nell'andare in macchina dal grafico che impagina la rivista per lasciargli le bozze corrette. Poi a casa. Pappa e coccole alle micie, sistemazione della spesa in frigo e negli stipetti, smaltimento di nuova posta elettronica, scrittura di questo post, in attesa che torni mio marito e sia ora di cena (che NON ingoierò con l'imbuto).
Uno dice: giornata normale.
E' per questo che nel mio caso è memorabile.
Poi vabbè, stasera verso le 22:00 mi toccherà andare dal grafico a controllare le ultime cose e chiudere la rivista, ma che cavolo, mica si può pretendere la Luna, no? E poi, sì, ho delle preoccupazioni, una in particolare che mi fa stare molto in pensiero, non è che il mondo sia improvvisamente cambiato: eppure oggi qualcosa era diverso.
P.S. Per chi oggi ridacchiava dopo aver letto il post di ieri sulle deficienti sgnaccherone, aggiungo che Lisa può permettersi tali commenti sulle suddette perché è sgnacchera come e più di loro. Una perché è ingegnera mica deve essere pure 'na cozza.
Ore 8:30, in piedi (si consideri che ero andata a nanna verso l'una e mezza causa lavoro).
Colazione NON ingoiata con l'imbuto, pappa e coccole per le micie, normali attività mattiniere. Controllo posta elettronica, smaltimento di alcune piccolezze di lavoro (SENZA guardare di continuo l'orologio).
Ore 10:00 circa, esco di casa, prendo la bicicletta (tempo meraviglioso, soleggiato ma con leggera brezzolina fresca) e liquido alcune commissioni (banca, edicola, ufficio postale), dopodiché vado nell'ufficio dell'associazione con cui abitualmente collaboro. Sistemo tutta una serie di lavori che avevo in mente, sento al telefono un'amica che non sentivo da una vita e (forse) le rimedio un lavoretto, passo del tempo piacevole assieme a Collega 1 e Collega 2 ("eh, tu blogghi troppo!"), faccio un po' di coccole a Grande Capessa Stressata, infine me ne vado tranquilla e rilassata (!!!) verso le 13:15.
Passo al supermercato, compro due tramezzini e una macedonia, dopodiché mi infilo dentro il parco, trovo un alberello solitario con tanta ombra, mi ci piazzo sotto e mi concedo un mini picnic. Clima meraviglioso, panorama molto bello, poca gente, brezzolina gradevolissima. Mi autoimpongo di non avere fretta e NON ingoiare con l'imbuto neanche qui. Mi rincretinisco di beatitudine.
Finisco TRANQUILLAMENTE di mangiare e di leggere l'ultimo numero di Julia. Mi alzo, raccatto i resti del pranzo, li butto via, risalgo sulla bibicletta e passo a casa, dove rimango un paio d'ore. Pappa e coccole alle micie, smaltimento di nuova posta elettronica e altre cosette.
Verso le 16:00 esco di nuovo e vado dal bici-meccanico, perché durante la mattinata mi ero accorta che un pedale della bicicletta non era a posto (e così faccio finalmente aggiustare anche il cavalletto). Gli lascio la bicicletta, che sarà pronta domani, e vado di nuovo a piedi all'ufficio, dove in capo a un paio d'ore completo altre cose che avevo in ballo, una in particolare che ho sistemato insieme a Collega 2. Finisco persino di correggere le bozze della rivista per cui lavoro.
Mi incammino verso casa, riesco a passare da lattaio e macellaio prima che chiudano SENZA dover correre i 400 metri piani. Investo un quarto d'ora di tempo nell'andare in macchina dal grafico che impagina la rivista per lasciargli le bozze corrette. Poi a casa. Pappa e coccole alle micie, sistemazione della spesa in frigo e negli stipetti, smaltimento di nuova posta elettronica, scrittura di questo post, in attesa che torni mio marito e sia ora di cena (che NON ingoierò con l'imbuto).
Uno dice: giornata normale.
E' per questo che nel mio caso è memorabile.
Poi vabbè, stasera verso le 22:00 mi toccherà andare dal grafico a controllare le ultime cose e chiudere la rivista, ma che cavolo, mica si può pretendere la Luna, no? E poi, sì, ho delle preoccupazioni, una in particolare che mi fa stare molto in pensiero, non è che il mondo sia improvvisamente cambiato: eppure oggi qualcosa era diverso.
P.S. Per chi oggi ridacchiava dopo aver letto il post di ieri sulle deficienti sgnaccherone, aggiungo che Lisa può permettersi tali commenti sulle suddette perché è sgnacchera come e più di loro. Una perché è ingegnera mica deve essere pure 'na cozza.
domenica, settembre 10, 2006
Lisa's vocabulary
Appunti dopo una sera al ristorante indiano con amici, tra cui la mitica Lisa Foletti (ebbene sì, qui si fanno nomi e cognomi!) che ci ha elargito le seguenti perle:
"L'imprevisto andrebbe previsto".
"Le cose buone, se uno le ha in casa le mangia, se non le ha non le mangia. Quindi è meglio se non le ha".
"Le partecipanti al programma «La pupa e il secchione» sono delle deficienti sgnaccherone".
La suddetta signorina è neolaureata in ingegneria edile con specializzazione nell'edilizia antisismica. Non si direbbe. ;-)
"L'imprevisto andrebbe previsto".
"Le cose buone, se uno le ha in casa le mangia, se non le ha non le mangia. Quindi è meglio se non le ha".
"Le partecipanti al programma «La pupa e il secchione» sono delle deficienti sgnaccherone".
La suddetta signorina è neolaureata in ingegneria edile con specializzazione nell'edilizia antisismica. Non si direbbe. ;-)
giovedì, settembre 07, 2006
Un solenne giuramento
E poi si lamentano che spesso e volentieri mi comporto da snob. Ma come evitarlo, quando è tanto evidente che una gran percentuale dell'umano consorzio è composto da vagabondi e imbecilli?
Oggi ho trascorso un irritante quarto d'ora nell'ufficio postale principale della città in cui abito. Non ero sola, bensì con due colleghi a cui toccava l'ingrato compito di avere a che fare con l'impiegata, allo scopo di spedire esattamente 53 raccomandate per l'estero e 6 per l'Italia. Eravamo in tre perché ciascuna raccomandata non era una semplice busta, bensì un pacchettino del peso di circa 650 grammi, contenente il catalogo di una manifestazione a cui abbiamo lavorato quest'estate; e questi cataloghi andavano spediti a tutte le persone che a suo tempo ci avevano inviato del materiale utile alla manifestazione.
All'ufficio, io pensavo sostanzialmente a scaricare dalla macchina gli scatoloni con le buste. Non sono quasi mai entrata nel merito del dialogo fra l'impiegata e i miei colleghi, perché (A) la cosa mi riguardava solo entro certi limiti, e (B) loro per ragioni di lavoro avranno a che fare con questo ufficio postale anche in futuro, quindi è meglio che non siano in cattivi rapporti con l'impiegata, mentre io lì dentro posso anche non mettere mai più piede.
L'andazzo è stato il seguente (le battute in corsivo sono solo PENSATE).
Collega 1: Buongiorno, abbiamo una cinquantina di raccomandate per l'estero da spedire, più alcune per l'Italia.
Impiegata (con gli occhi sbarrati e impanicati): Cinquanta..?!
Guarda gli scatoloni che il Collega 2 ed io andavamo scaricando dalla macchina all'ufficio.
Impiegata (con lo sguardo del batrace): Ma ci vorrà tanto...
Io: Ammappa, oh, questa è un genio.
Collega 2: Sono passato ieri l'altro a informarmi, mi ha detto di preparare una distinta numerata con tutti gli indirizzi in modo da velocizzare le operazioni. Ecco la distinta.
Impiegata (visibilmente incastrata e pertanto delusa): Ah...
Io (già schiumando di rabbia): Ci ho messo qualcosa come sedici ore di lavoro a preparare i pacchettini e stilare la distinta, adesso questa non ha voglia di attaccare cinquantatrè stupide etichette e compilare cinquantatrè stupidi cedolini?
Impiegata: Allora se sono tutte numerate e me le passate in ordine, io attacco i cedolini adesivi per la spedizione facendo riferimento alla distinta numerata, quindi non sto a controllare se gli indirizzi sono quelli giusti, eh? IO NON CONTROLLO NIENTE!
Collega 1 (con aria cameratesca e scherzosa): Ma certo, sono tutte in ordine, non c'è bisogno che controlli nulla... sembriamo un po' invorniti ma in realtà siamo bravi!
Io: Chi è che sembra un po' invornito...?!?
Passiamo i pacchettini uno ad uno all'impiegata, che attacca i cedolini (tempo complessivo dell'operazione: cinque minuti, NON cinque ere geologiche, checché lei ne abbia potuto pensare).
Impiegata: Non è che avete anche già fatto il conto di quello che dovete pagare?
Collega 1 (sfoderando apposito foglio con conteggio): Ma certo, eccolo qui.
Io: Questa è scema. Lascia che facciamo il conto noi? E se scrivevamo 300 euro invece che 490?
Impiegata: Allora, per le raccomandate estere sono 490 euro.
Io: 'Sta cosa devo ricordarmela per l'anno prossimo.
Collega 1: E poi ce ne sono alcune per l'Italia.
Impiegata (sospirando): Ah, dì... passamele...
Io: In miniera. Questa deve andare in miniera.
Impiegata: Non vi servono tutti i numeri di codice per il rintracciamento, vero? Cioè, io non sto mica a ricopiarveli tutti! Vi do il primo e l'ultimo, quelli nel mezzo non sono progressivi, ma andando un po' per tentativi potete comunque trovarli...
Collega 2 (riflettendo ad alta voce): Non credo che servano... anche se forse...
Impiegata (con aria di sufficienza): Ma è proprio importante, 'sta roba?
Io: Pezzo di cretina, se non fosse importante non userei delle raccomandate!
Collega 1: Beh, sì... cioè...
Io (intervenendo per la prima volta): Diciamo che non sarebbe male sapere se sono arrivate.
Impiegata: Ah, ma tanto anche monitorando i numeri sul sito delle Poste, al massimo venite a sapere quando i pacchetti lasciano l'Italia, non cosa succede dopo!
Io (intervenendo per la seconda volta): Lo so, ma se i destinatari dicono che non hanno ricevuto nulla, con il codice si può far partire il reclamo.
Impiegata (con tono sostenuto): Ah, sì, il reclamo...
Io (intervenendo per la terza e ultima volta con domanda trabocchetto): Se lei ci dà gli estremi del primo e dell'ultimo pacchetto, poi si può risalire ai numeri intermedi?
Impiegata (chiaramente non avendo la più pallida idea di cosa rispondere): Sì... credo di sì...
Io (decidendo che non avrei più proferito parola, perché è inutile donare perle ai porci): CREDI di sì? Ma certo che NO, deficiente, NO che non ci si può risalire, ne ho fatte a DECINE di spedizioni internazionali negli ultimi due anni e LO SO che non si possono identificare inequivocabilmente i numeri se non ce li scrivi uno per uno o non ci dai tutte le matrici dei cedolini!
Collega 1: Dài, non importa, in qualche modo facciamo...
Impiegata: Ecco, bene, questo è il primo e questo è l'ultimo. Qui c'è la ricevuta, con il totale da pagare per le spedizioni per l'estero più quelle per l'Italia.
La Collega 1 paga, poi tutti e tre ce ne andiamo. Fuori dall'ufficio:
Collega 1: Con loro ti tocca fare così, inutile ragionarci...
Il Collega 2 scuote la testa con sconfortata rassegnazione.
Io: No, scusate, vi chiamo a testimoni di un solenne giuramento. Fatte salve circostanze veramente drammatiche in cui uno deve per forza adattarsi a qualunque cosa... tipo guerre, carestie, epidemie di peste... io giuro che non andrò MAI a fare l'impiegato statale. Giuro. MAI. Piuttosto mi prostituisco. Se è così che ci si deve ridurre a stare dietro a uno sportello...
La Collega 1 salta sul suo scooter, il Collega 2 sulla sua bicicletta, io mi dirigo verso il parcheggio dove ho lasciato la macchina. Un nuovo giorno destinato a lasciare il segno per la mia aumentata sfiducia nella specie umana, sottospecie degli statali scaldasedie.
Oggi ho trascorso un irritante quarto d'ora nell'ufficio postale principale della città in cui abito. Non ero sola, bensì con due colleghi a cui toccava l'ingrato compito di avere a che fare con l'impiegata, allo scopo di spedire esattamente 53 raccomandate per l'estero e 6 per l'Italia. Eravamo in tre perché ciascuna raccomandata non era una semplice busta, bensì un pacchettino del peso di circa 650 grammi, contenente il catalogo di una manifestazione a cui abbiamo lavorato quest'estate; e questi cataloghi andavano spediti a tutte le persone che a suo tempo ci avevano inviato del materiale utile alla manifestazione.
All'ufficio, io pensavo sostanzialmente a scaricare dalla macchina gli scatoloni con le buste. Non sono quasi mai entrata nel merito del dialogo fra l'impiegata e i miei colleghi, perché (A) la cosa mi riguardava solo entro certi limiti, e (B) loro per ragioni di lavoro avranno a che fare con questo ufficio postale anche in futuro, quindi è meglio che non siano in cattivi rapporti con l'impiegata, mentre io lì dentro posso anche non mettere mai più piede.
L'andazzo è stato il seguente (le battute in corsivo sono solo PENSATE).
Collega 1: Buongiorno, abbiamo una cinquantina di raccomandate per l'estero da spedire, più alcune per l'Italia.
Impiegata (con gli occhi sbarrati e impanicati): Cinquanta..?!
Guarda gli scatoloni che il Collega 2 ed io andavamo scaricando dalla macchina all'ufficio.
Impiegata (con lo sguardo del batrace): Ma ci vorrà tanto...
Io: Ammappa, oh, questa è un genio.
Collega 2: Sono passato ieri l'altro a informarmi, mi ha detto di preparare una distinta numerata con tutti gli indirizzi in modo da velocizzare le operazioni. Ecco la distinta.
Impiegata (visibilmente incastrata e pertanto delusa): Ah...
Io (già schiumando di rabbia): Ci ho messo qualcosa come sedici ore di lavoro a preparare i pacchettini e stilare la distinta, adesso questa non ha voglia di attaccare cinquantatrè stupide etichette e compilare cinquantatrè stupidi cedolini?
Impiegata: Allora se sono tutte numerate e me le passate in ordine, io attacco i cedolini adesivi per la spedizione facendo riferimento alla distinta numerata, quindi non sto a controllare se gli indirizzi sono quelli giusti, eh? IO NON CONTROLLO NIENTE!
Collega 1 (con aria cameratesca e scherzosa): Ma certo, sono tutte in ordine, non c'è bisogno che controlli nulla... sembriamo un po' invorniti ma in realtà siamo bravi!
Io: Chi è che sembra un po' invornito...?!?
Passiamo i pacchettini uno ad uno all'impiegata, che attacca i cedolini (tempo complessivo dell'operazione: cinque minuti, NON cinque ere geologiche, checché lei ne abbia potuto pensare).
Impiegata: Non è che avete anche già fatto il conto di quello che dovete pagare?
Collega 1 (sfoderando apposito foglio con conteggio): Ma certo, eccolo qui.
Io: Questa è scema. Lascia che facciamo il conto noi? E se scrivevamo 300 euro invece che 490?
Impiegata: Allora, per le raccomandate estere sono 490 euro.
Io: 'Sta cosa devo ricordarmela per l'anno prossimo.
Collega 1: E poi ce ne sono alcune per l'Italia.
Impiegata (sospirando): Ah, dì... passamele...
Io: In miniera. Questa deve andare in miniera.
Impiegata: Non vi servono tutti i numeri di codice per il rintracciamento, vero? Cioè, io non sto mica a ricopiarveli tutti! Vi do il primo e l'ultimo, quelli nel mezzo non sono progressivi, ma andando un po' per tentativi potete comunque trovarli...
Collega 2 (riflettendo ad alta voce): Non credo che servano... anche se forse...
Impiegata (con aria di sufficienza): Ma è proprio importante, 'sta roba?
Io: Pezzo di cretina, se non fosse importante non userei delle raccomandate!
Collega 1: Beh, sì... cioè...
Io (intervenendo per la prima volta): Diciamo che non sarebbe male sapere se sono arrivate.
Impiegata: Ah, ma tanto anche monitorando i numeri sul sito delle Poste, al massimo venite a sapere quando i pacchetti lasciano l'Italia, non cosa succede dopo!
Io (intervenendo per la seconda volta): Lo so, ma se i destinatari dicono che non hanno ricevuto nulla, con il codice si può far partire il reclamo.
Impiegata (con tono sostenuto): Ah, sì, il reclamo...
Io (intervenendo per la terza e ultima volta con domanda trabocchetto): Se lei ci dà gli estremi del primo e dell'ultimo pacchetto, poi si può risalire ai numeri intermedi?
Impiegata (chiaramente non avendo la più pallida idea di cosa rispondere): Sì... credo di sì...
Io (decidendo che non avrei più proferito parola, perché è inutile donare perle ai porci): CREDI di sì? Ma certo che NO, deficiente, NO che non ci si può risalire, ne ho fatte a DECINE di spedizioni internazionali negli ultimi due anni e LO SO che non si possono identificare inequivocabilmente i numeri se non ce li scrivi uno per uno o non ci dai tutte le matrici dei cedolini!
Collega 1: Dài, non importa, in qualche modo facciamo...
Impiegata: Ecco, bene, questo è il primo e questo è l'ultimo. Qui c'è la ricevuta, con il totale da pagare per le spedizioni per l'estero più quelle per l'Italia.
La Collega 1 paga, poi tutti e tre ce ne andiamo. Fuori dall'ufficio:
Collega 1: Con loro ti tocca fare così, inutile ragionarci...
Il Collega 2 scuote la testa con sconfortata rassegnazione.
Io: No, scusate, vi chiamo a testimoni di un solenne giuramento. Fatte salve circostanze veramente drammatiche in cui uno deve per forza adattarsi a qualunque cosa... tipo guerre, carestie, epidemie di peste... io giuro che non andrò MAI a fare l'impiegato statale. Giuro. MAI. Piuttosto mi prostituisco. Se è così che ci si deve ridurre a stare dietro a uno sportello...
La Collega 1 salta sul suo scooter, il Collega 2 sulla sua bicicletta, io mi dirigo verso il parcheggio dove ho lasciato la macchina. Un nuovo giorno destinato a lasciare il segno per la mia aumentata sfiducia nella specie umana, sottospecie degli statali scaldasedie.
sabato, settembre 02, 2006
Purché si sappia che si tratta di un messaggio...
"I testi finzionali vengono a soccorso della nostra pochezza metafisica. Noi viviamo nel gran labirinto del mondo, più vasto e più complesso del bosco di Cappuccetto Rosso, di cui non solo non abbiamo ancora individuato tutti i sentieri, ma neppure riusciamo a esprimere il disegno totale. Nella speranza che ci siano delle regole del gioco, l'umanità attraverso i millenni si è posta il problema se questo labirinto avesse un autore, o più autori. E ha pensato a Dio, o agli Dei, come ad autori empirici, come a dei narratori, o come a un autore modello. Di una divinità empirica ci si chiede come sia, se abbia la barba, se sia un Lui, un Esso; se viva nei cieli o sulla vetta dell'Olimpo; se sia nato o esistito da sempre, e persino (ai giorni nostri) se sia morto, come Marx e Freud. Una divinità Narratore è stata cercata ovunque, nelle viscere degli animali, nel volo degli uccelli, nel roveto ardente e nella prima frase dei Dieci Comandamenti. Ma alcuni, certamente i filosofi, ma anche molte religioni, lo hanno cercato come Regola del Gioco, come la Legge che rende (o che un giorno renderà) il labirinto del mondo percorribile e comprensibile. In questo caso la divinità è qualcosa che noi dobbiamo scoprire nel momento stesso in cui scopriamo perché siamo in questo labirinto, o almeno indoviniamo come ci viene chiesto di percorrerlo.
[...]
C'è una regola aurea per ogni criptoanalista o decrittatore di codici segreti, e cioè che ogni messaggio può essere decrittato purché si sappia che si tratta di un messaggio. Il problema col mondo reale è che ci stiamo chiedendo da millenni se ci sia un messaggio e se questo messaggio abbia un senso. Con un universo narrativo noi sappiamo per certo che esso costituisce un messaggio e che un'autorità autoriale sta dietro a esso, come sua origine o come insieme di istruzioni per la lettura.
Così la nostra ricerca dell'autore modello è la ricerca dell'Ersatz di un'altra immagine, quella di un Padre, che si perde nella nebbia dell'infinito, per cui non ci stanchiamo mai di domandarci perché ci sia dell'Essere piuttosto che il Nulla."
Umberto Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Milano, Bompiani, 1994, pp. 141-143.
[...]
C'è una regola aurea per ogni criptoanalista o decrittatore di codici segreti, e cioè che ogni messaggio può essere decrittato purché si sappia che si tratta di un messaggio. Il problema col mondo reale è che ci stiamo chiedendo da millenni se ci sia un messaggio e se questo messaggio abbia un senso. Con un universo narrativo noi sappiamo per certo che esso costituisce un messaggio e che un'autorità autoriale sta dietro a esso, come sua origine o come insieme di istruzioni per la lettura.
Così la nostra ricerca dell'autore modello è la ricerca dell'Ersatz di un'altra immagine, quella di un Padre, che si perde nella nebbia dell'infinito, per cui non ci stanchiamo mai di domandarci perché ci sia dell'Essere piuttosto che il Nulla."
Umberto Eco, Sei passeggiate nei boschi narrativi, Milano, Bompiani, 1994, pp. 141-143.
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