Tanto per andare dritti al punto: bello bello.
Già Paola Barbato scrive in un modo che a me piace, già mi ero goduta il primo romanzo Bilico, già ho letto sue storie di Dylan Dog niente male, ma con questo Mani nude mi ha proprio colpita.
C'è un contesto (gli incontri clandestini e le organizzazioni criminali che li gestiscono) e ci sono dei personaggi, inseriti in questo contesto a seconda dei ruoli che ricoprono. Anzi, molti di loro (quasi tutti) si identificano talmente tanto con il proprio ruolo che non hanno più nemmeno un nome bensì un soprannome, insomma un nome in codice che contribuisce a spolverare via la loro identità precedente in favore di quella nuova.
Però. Però, poi, quella benedetta identità non scompare mai del tutto e insiste a fare capolino, perché quello non vuole sentire parolacce, quell'altro vuole fare l'amicone a tutti i costi, quell'altro ancora è geloso di qualcuno in relazione a qualcun altro, e ce ne fosse uno, dico uno, che risulti un pochettino stereotipato, uno zinzinino macchietta, una mollichina tagliato col coltello. No, macché. Talmente veri da fare impressione, perché le botte da orbi e gli snuff movies dai cattivi da operetta te li aspetti, ma da persone vere te li aspetti di meno (anche se sai che ne esistono, di persone vere che in 'ste cose ci sguazzano).
Ti aspetti anche meno gli eventi, man mano che accadono. Mezzo libro a farti credere che ormai il giochino l'hai capito e l'andazzo sarà più o meno in un certo modo, poi l'altro mezzo a scombinarti le carte in continuazione, a prenderti per mano (no, meglio: a trascinarti per un polso) e a costringerti a riorganizzare tutto il tuo riassunto mentale, pagina dopo pagina. E sei talmente presa da questo lavoro di interpretazione e re-interpretazione, sei talmente intenta alla lettura, che arrivi a un certo punto in cui leggi, su una pagina bianca, una sola parola: "Due".
Ti chiedi: oh questa poi, ma fino ad ora non avevo mai cambiato capitolo?
E no, che non l'avevi cambiato, ti eri sorbita tipo 300 pagine senza nemmeno accorgerti che erano appunto tutte in fila, senza sosta.
Da lì, altro tour de force di lettura, le cose sembrano cambiare, poi rimanere uguali per un po', ma lasciandoti ben capire che qualcosa deve succedere, che una vera soluzione non può esserci, che 'sti personaggi ancora non hanno dato tutto quello che potevano, che perfino le comparse meno presenti un ruolo importante ce l'hanno (la ragazzina?! pure la ragazzina adesso! e però il cane no, eh? no, Paola ti prego, tutto quello che vuoi ma il cane nooo!), che il bello deve ancora arrivare.
Altra pagina bianca: "Dieci".
Come, dieci? Uno, due, e dieci? Eh. proprio così.
Andiamo pure avanti con il dieci, allora, la parte in fondo meno interessante, perché 'sta menata dei combattimenti quasi speravo di essermela lasciata alle spalle, erano i personaggi e le loro motivazioni più o meno inaspettate a interessarmi, di scontri ne erano già stati descritti diversi, e di ossa rotte, milze spappolate e occhi cavati dalle orbite avevo già fatto il pieno. Ma va bene, andiamo avanti, arriviamo in fondo, che sarà mai qualche cadavere in più o in meno, adesso voglio proprio sapere cosa faranno e perché lo faranno.
Scoprirlo è affare di un Minuto, tanto per fare un patetico giochino di parole. Anzi, un minuto e due pagine. La cosa sbagliata fatta dalla persona sbagliata chiude tutto quanto, bàm, sei a pagina 430 e il meglio che riesci a fare è ridere sonoramente di te stessa fino alle lacrime perché ti sei lasciata fregare (come peraltro era successo, a suo tempo, a pagina 142 di Bilico), sorprendere, stupire. E lo stupore, quando leggi un libro, è un regalo che ti viene elargito sempre più raramente. Quei regali che custodisci con affetto ma al tempo stesso non vedi l'ora di condividere.
Inizio già a pensare a chi regalarlo, quest'attimo di stupore "allegato" a Mani nude, e pregusto la sua, di risata.
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