giovedì, gennaio 31, 2008

Buon vecchio Watzlavich

Quando andavo all'università e macinavo pile di libri una dietro l'altra, capitava che alcuni di quei libri non li comprassi, vuoi perchè costavano troppo, vuoi perché erano fuori catalogo, vuoi perché li trovavo in biblioteca o me li prestava qualcuno. Andò così con un volume intitolato Pragmatica della comunicazione umana (1967) di Paul Watzlavich e una pletora di altri autori. Me lo prestò una compagna di appartamento e poi, superato l'esame, glielo ridiedi indietro.
Ma era un gran bel libro, e ho sempre avuto una mezza intenzione di comprarmene una copia, anche se poi non l'ho mai fatto perché ho sempre dato la precedenza ad altri testi. Eppure, prima o poi, cascasse il mondo, una copia di quel libro finirà su uno scaffale di casa mia. Era scritto in maniera straordinariamente chiara e scorrevole, e metteva in luce una serie di dinamiche del linguaggio e della comunicazione che una volta lette sembravano l'uovo di Colombo, ma prima mi erano non dico ignote, ma non altrettanto chiare.

Quella fondamentale, che ritornava con una certa frequenza, era la tesi che nella maggior parte dei casi chi partecipa a una conversazione si dà un gran da fare non tanto per sviluppare gli argomenti e portare il discorso da qualche parte, ma per "affermare se stesso". Dare opinioni, ragionare insieme su una cosa, confrontare punti di vista, raccontare esperienze, anche il semplice chiacchierare, spesso e volentieri sono solo modi per attirare l'attenzione degli altri su di sé. L'esempio più tipico riportato da Watzlavich era quello delle persone che si incontrano nella sala d'aspetto del medico e iniziano a raccontarsi i rispettivi problemi di salute. Spesso diventa una gara a dire "Io ho avuto questo", "Pensi invece cosa è successo a me", "Ma voi non sapete cosa ho passato io"... uno squallido gioco al rialzo in cui la posta in gioco è l'attenzione su se stessi.

[Inciso numero 1: in fondo, basta saperlo. Anche i blog, alla fine, ricadono facilmente in questa dinamica. Sono "discussioni" a senso unico (a parte lo spazio per i commenti) e ci vuole poco a farli diventare esercizi onanistici di autoaffermazione. Io stessa in questo momento, sotto sotto, mi sto "vantando" con voi di avere studiato questo bel testo di Watzlavich. Io sì e voi no, trallallerollerollà. E un'altra parte di me si sta vantando di essere talmente consapevole e sincera da poter affermare che mi sto vantando. E così via. Ma se uno si incarta in questa infinita spirale, poi non parla più. Quindi andiamo avanti.]

C'è un altro testo, che ho letto parecchi anni fa e che mi è tornato in mano nei giorni scorsi. Mi vergogno un po' a rivelarne il titolo perché ha un sapore da cretinata new age che è parecchio fuorviante... ad ogni modo, mi riferisco a Vivere, amare, capirsi di Leo Buscaglia (1982). Si tratta di una raccolta di conferenze tenute negli anni da questo strano soggetto che si definiva "professore in amore" ed era in sostanza un sociologo con grandi doti comunicative, molte esperienze da condividere, e infine un carattere ottimista ed estroverso. Non è uno di quei libri che invitano all'autoaffermazione di sé (quelli che hanno titoli come Prendi la vita nelle tue mani o Fai vedere al mondo chi sei, roba del genere), ma piuttosto ad un'interazione molto attiva, intensa e affettuosa fra se stessi e gli altri; una vita di relazione che costruisca un delicato equilibrio fra le esigenze proprie e quelle altrui.

Ovviamente ci sono pagine più o meno convincenti, righe che restano impresse a lungo e altre ben più facili da dimenticare. Queste sono, a mio avviso, fra le più interessanti:

A me toccò uno degli ultimi turni. Eravamo soli nella stanza, io e mia madre. All'improvviso lei aprì gli occhi. Aveva occhi grandissimi, scuri, meravigliosi. Un attimo prima avevo pensato: «Mi mancherà moltissimo. Era una grande donna, stavamo così bene insieme, e lei aveva sempre un sorriso e un cioccolatino per me. E mi mancherà il suo aglio». Avete notato che dicevo sempre me? «Io farò questo, e mi mancherà quest'altro, e non mi lasciare!»

Questa settimana è venuta nel mio ufficio una ragazza, e per quasi un'ora è rimasta lì a parlare di «me, me, me!». Ecco una delle sue frasi: «Non sono sicura di sapere che cosa voglio dalla vita». E alla fine, questo vostro buon vecchio consulente ha urlato: «Cosa diavolo dà lei alla vita?». Ogni giorno prendete qualcosa dalla terra, prendete qualcosa dall'aria, prendete qualcosa dalla bellezza... che cosa date in cambio? Non pensiamo di dare qualcosa in cambio, vero?

In fondo, non è che un invito a sforzarsi di superare l'abitudine dell'autoaffermazione postulata da Watzlavich nel suo libro.

[Inciso numero 2: "postulata". Visto quanto sono colta? visto che belle parole so usare? visto come sono pronta ad ammettere che me la sto tirando? visto come sono brava, dal momento che sono pronta ad ammetterlo? e l'infinita spirale ricomincia...]

A volte riesco a farci caso, a quando le conversazioni prendono la "piega Watzlavich" e quando invece innescano un meccanismo disinteressato di costruzione di un ragionamento, comparazione di punti di vista, condivisione di pensiero. Ebbene sì, può capitare. Rendersi conto di quando accade è sempre una piccola ma gustosa epifania che arriva inaspettata e lascia a lungo un buon sapore sulla punta della lingua. Mi è capitato anche un paio di domeniche fa e ci ripenso ancora con soddisfazione.

Andando ancora più in fondo, quei brani di Buscaglia mi riportano con la memoria a quell'accidente di brano di Vangelo che avevo citato qui e che, nonostante la mia lontananza dalla fede cattolica, continua a sembrarmi l'esemplificazione più evidente e forte del desiderio di andare OLTRE l'abitudine, OLTRE il desiderio di ottenere attenzione, OLTRE il comune arrendersi all'egocentrismo.

Poi, per carità, nessun uomo è un'isola, e il desiderio di essere amati e apprezzati dal prossimo ha radici profonde e non immotivate. Ma riuscire, anche una sola volta in più al giorno, a guardarlo, il prossimo, invece che a cercare di farsi guardare da lui, non sarebbe malaccio. Certo però, che fatica.

lunedì, gennaio 28, 2008

Ordinarie follie lavorative

Piccola epopea della durata complessiva di 24 ore.

Ieri (domenica), intorno alle cinque e mezza, la Grande Capessa mi dice: «Bisogna presentare un elenco di proposte e relativi costi al committente Pinco Pallo, che ci ha chiesto delle ipotesi di attività estive nella sua struttura. Io mi sono consultata con Scooter-Man e con Caos Incarnato, e abbiamo pensato a un tot di possibilità...»
Io: «Sì, ho capito, era quella lista che Scooter-Man mi ha spedito per email l'altro ieri».
Grande Capessa: «Ah bene, te l'ha mandata. Non ce l'hai qui con te?»
Io: «Non avevo idea che dovessimo lavorarci oggi».
Grande Capessa: «Va bè, pazienza, comunque ti ricapitolo io le cose fondamentali: questo, quello, quest'altro e quell'altro. Si tratta solo di fare un bel file con descrizioni, costi, dettagli, eccetera. Ci pensi tu, vero? Poi lo mandi a Caos Incarnato, che ha tutti i contatti, così lui li gira al committente.»
Io: «Scadenza?»
Grande Capessa, arrossendo: «Domani.»
Io, fulminandola: «Come, domani?!?»
Grande Capessa: «Eh, sì, loro ci hanno chiesto tutto entro domani...»
Io: «Ovvero, tradotto, devo lavorarci stanotte.»
Grande Capessa tira fuori gli occhioni luccicosi e supplichevoli, perché 'st'animala LO SA che mi frega come vuole. E infatti.
Io: «E va bene, e va bene! Tiro fuori i vecchi preventivi di Tizio e Caio, ci aggiungo le vecchie proposte che avevamo mandato a Sempronio, faccio un po' di taglia e incolla, e aggiusto le cifre. Ovviamente le aggiusto al rialzo, niente preventivi da fame, stavolta!»
Grande Capessa: «Guarda, le cifre io nemmeno le voglio vedere, decidetele tu e Caos Incarnato, così io non corro il rischio di scombinare i conti.»
Io: «Affare fatto.»

Dopo aver viscidamente barattato il lavoro notturno con la promessa che martedì ci rivedremo per gestire un'altra questione (sempre di lavoro) che Grande Capessa non ha voglia di guardare nemmeno col binocolo, vado a casa e, dopo cena, mi metto al lavoro. Tiro fuori diversi file vecchi, li monto e smonto, una ritoccatina qui e una lì, finché arrivo a un punto morto. Non posso proseguire perché, nella lista inviatami da Scooter-Man, ci sono delle cose che Grande Capessa non mi ha citato. Quindi, o non me le ha citate perché se le è dimenticate, o perché non le ritiene adatte alla struttura a cui è rivolto il preventivo.
Guardo l'orologio: le dieci e quaranta. Un po' tardino per telefonarle, rischio che sia già andata a dormire. Cioè: è improbabile, ma non impossibile. Così opto per un SMS, che recita: "Se sei ancora sveglia, puoi chiamarmi? Grazie."
Niente telefonata. O dorme, o non ha visto il messaggio. Comunque sia, bisognerà riprendere il discorso domani. Salvo il file e glielo spedisco per email, giusto così per scrupolo, scrivendole dove mi sono inceppata. Poi abbandono il computer, sistemo alcune cose in casa (ebbene sì, sto proseguendo con il packaging di cui vi parlavo qualche post fa) e poi, intorno a mezzanotte e mezza, il Ghigo ed io ci dirigiamo a letto, intenzionati a dormire come due sassi: io perché so che mi aspetta una giornata pesante, lui idem (con l'aggravante che deve svegliarsi alle cinque e mezza per una trasferta).
All'una meno dieci, quando iniziavo a scivolare tra le braccia di Morfeo, suona il mio cellulare e poco ci manca mi venga un attacco di cuore (io ho il sonno MOLTO leggero, basta una zanzara e salto come una cavalletta, e non starò a dirvi cosa riesco a combinare quando ho degli incubi dai quali mi sveglio all'improvviso).
Passato l'attimo di panico, allungo il braccio sul comodino senza nemmeno guardare chi è, perché tanto avevo già capito.
Io: «Pronto...?»
Grande Capessa, allarmatissima: «Che cosa è successo?!?!?!?»

Adesso. Va bene che, fra tutte e due, non si sa chi è stata più sfigata negli ultimi mesi, e non si contano le volte che abbiamo dovuto telefonarci o messaggiarci per avere/dare sostegno o per correre (a volte letteralmente) l'una dall'altra. Ma se fosse successo qualcosa di grave, magari le avrei telefonato, o sarei stata più chiara nel mio SMS. Mi scappa una risata.
Io: «Ma niente... era per una cosa di lavoro... quella roba che mi hai chiesto oggi...»
Grande Capessa: «Aaah! Perché io il messaggio l'ho letto solo adesso... in effetti ero un po' indecisa se chiamarti, a quest'ora, però per sicurezza...»
Io (cercando di tagliare corto per non svegliare ulteriormente il Ghigo): «Tranquilla. Ti ho mandato tutto via mail, quindi scarica la posta e poi mi farai sapere.»
Grande Capessa: «Va bene anche domattina, no? Così non sto a riaccendere il computer. Dài, domattina ci guardo e poi ti chiamo.»
Io PENSO: Non è vero. Domattina sei incasinata come poche mattine al mondo, quindi non avrai mai il tempo di guardarci, quindi non mi farai sapere niente, quindi io rimarrò incagliata e dovrò rincorrerti tutto il giorno in mezzo ai tuoi appuntamenti, incontri, conferenze, riunioni, consigli di amministrazione e il cielo sa cos'altro. Però lo so che in questo momento sei troppo rincoglionita per riuscire a lavorare.
Quindi mento e DICO: «Sì, anche domattina. Aspetto tue notizie. 'notte, capo...»
Grande Capessa: «'notte... e scusa... 'notte...»
Il Ghigo si gira e bofonchia: «Tutto okay?»
Io: «Sì... un equivoco su un SMS...»
Ghigo: «Ma era davvero il capo?»
Io: «Ehm, sì... io avevo mandato un SMS due ore fa, ma lei l'ha letto adesso e...»
Ghigo (ridacchiando e tirandosi le coperte sul naso): «No, fa lo stesso... non lo voglio sapere...»
Io (ridacchiando): «Dài... lo sai com'è il mio capo.»
Ghigo: «Poveri noi...»

Ovviamente il giorno dopo (cioè oggi), nessuna notizia. Procedo comunque e penso di chiedere aiuto a Caos Incarnato. Inizia così un carteggio email di domande, risposte, suggerimenti e opinioni, che in effetti contribuisce a dare forma al file dei preventivi.
Resta però un interrogativo grosso, e cioè che, tra le voci non elencate dalla Grande Capessa, ma presenti nell'elenco di Scooter-Man, ci sono due concerti, di due gruppi musicali, che non ho idea se vadano inseriti o meno, e, nel caso, quanto costino.
Caos Incarnato parte deciso: «Sì sì, io dico che vanno benissimo, mettili nel file.»
Io: «Va bene, li metto, ma tu sai quanto ci costano? Trasporto e vitto lo so perché una volta me ne sono già occupata, ma il cachet non lo conosco.»
Caos Incarnato: «A me il loro Capoccia 1 aveva detto gratis.»
Io: «Ma quando? Perché a me la loro Capoccia 2 aveva detto che per noi avevano suonato gratis in virtù di un rapporto di lunga data... però credo che in via normale, per altri committenti, vogliano dei soldi... anche se poi probabilmente, conoscendoli, danno tutto in beneficenza o qualcosa del genere...»
Caos Incarnato: «Boh, a me avevano detto gratis.»

Molto perplessa, mando una mail a Capoccia 2 per chiedere lumi. Nel frattempo, miracolosamente, Grande Capessa chiama. Ovviamente la famosa mail non l'ha vista, ma posso almeno riepilogare le lacune e ottenere alcune informazioni utili.
Io: «E i concerti dei due gruppi li metto?»
Grande Capessa: «Nooo, quelli no... in quel posto non ce li vedo...»
Io: «Guarda che Caos Incarnato sembrava convinto che fossero adatti.»
Grande Capessa: «Ma sei sicura?»
Io: «Amore bello, sì che sono sicura, è tutto il giorno che ne parliamo!»
Grande Capessa: «Allora va bene, inserisci pure.»
Io: «Ma tu sai quanto costano?»
Grande Capessa: «Ah, no... quella volta avevano fatto tutto gratis...»
Io: «Eh. Quella volta. Ma qui è un discorso diverso. Io ho chiesto alla loro responsabile, ma non so se mi manda una risposta entro oggi.»
Grande Capessa: «Allora fai così... li inserisci, ma scrivi che siamo in attesa di preventivo aggornato al 2008, se no rischiamo di dire qualche stupidata.»

Metto giù il telefono, avviso Caos Incarnato.
Lui commenta: «Ma come? Glielo avevo detto da subito, che secondo me era il posto giusto per quei due concerti, lo sapeva benissimo!»
Io: «Ah ragà, basta che vi mettiate d'accordo, va bene? Io 'sto cazzo di file ve lo scrivo, ma almeno che non mi diciate due cose diverse!»
Un minuto dopo, arriva la risposta da Capoccia 2. Cachet del primo gruppo, 4.000 euro. Cachet del secondo gruppo, 2.000 euro.
Non so a voi, ma a me sembra parecchio diverso da "gratis".
Aggiorno il file e scrivo "in attesa di preventivo 2008", sperando che ci siano margini di contrattazione. Se poi non ci saranno, niente gruppi musicali e pazienza, mica muore nessuno. Apporto le ultime modifiche al file, provvedo a qualche ritocco, finalmente lo spedisco a Caos Incarnato dicendogli che è completo, che per favore lo rilegga e corregga eventuali errori, e che se vuole può anche ritoccare i prezzi purché NON al ribasso. Consentiti solo rialzi.

Trenta secondi dopo che ho spedito il file, ma più probabilmente nemmeno trenta secondi dopo, la mia adorata micina nera Morgana, che stava pisolando sul monitor, si alza e inizia ad avere dei conati di vomito (è delicata di stomaco, le càpita con una certa frequenza). In tre salti arrivo in cucina e prendo il rotolo della carta assorbente, torno nello studio e cosa trovo?
Lei ha vomitato solo un po' di succhi gastrici misti a pelo, e ha il musino inebetito di quando le succede questa cosa.
Il monitor è NERO. La lucina verde diventa arancione e inizia a lampeggiare.
Tracce di succhi gastrici sono evidentemente presenti sopra la grata del monitor.
Se ne deduce che i suddetti succhi gastrici sono colati DENTRO il monitor e lo hanno fritto.

Era già successo un'altra volta in passato, ma il monitor (dopo qualche strano lampo e un po' di sfrigolìo condito da puzza di bruciato) si era ripreso in fretta. Stavolta, è inequivocabilmente cadavere.

Ringrazio il cielo di avere spedito il maledetto file PRIMA che avvenisse il disastro, e guardo l'orologio. Le cinque e mezza. Esattamente 24 ore dopo che Grande Capessa aveva esordito con «Bisogna presentare un elenco di proposte e relativi costi...».
Facendo un bilancio, mi ritrovo con:
- una giornata passata a compilare UN solo, maledetto file (oltre che a curare alcune inderogabili commissioni fuori casa);
- un attacco di cuore da telefonata notturna;
- una serie di altri lavori rimasti al palo, che dovrò concentrare nelle prossime 36 ore senza avere nessuna pietà di me stessa;
- un monitor fritto.

Ed è solo lunedì...

Bigotti senza confini...

Apprendo dal blog di un'amica (ciao Maggie!) e segnalo a mia volta la petizione online per la raccolta di firme contro la decisione delle autorità iraniane di condannare a morte due ragazzi colpevoli del gravissimo reato di essere gay. Evviva i fondamentalisti e i bigotti di ogni credo, razza e religione! Ma si lavassero gli zebedei nell'acido muriatico, 'sti stronzi.
Qui c'è un articolo che racconta la vicenda, e qui la petizione.

sabato, gennaio 26, 2008

Mastelcard

Esiste già da qualche mese ma io l'ho scoperta solo oggi e me ne dolgo.
Il blog dementemastella, che contiene una serie di articoli e commenti su Voi-Sapete-Chi, ha lanciato la Mastelcard (di cui ovviamente reclamizza tutti gli usi più evidenti e fantasiosi).
La voglio!

Packaging

Sono a casa con l'influenza e quindi, sentendomi troppo incucalita per affrontare con profitto gli impegni di lavoro, ho deciso di dedicarmi finalmente a un'operazione che da troppo tempo procrastinavo: uno straccio di riordino della casa.
E intendo proprio di tutta la casa: studio, due camere da letto, salotto e sgabuzzino. Diciamo che non riorganizzo il bagno e la cucina solo perché non sono capace di estirpare i sanitari e i pensili dal loro posto e metterli dove mi piacerebbe di più.

Il riordino avviene "a cascata". Se libero un paio di ripiani nello studio, posso ottenere dello spazio dove collocare i lavori in corso (fogli, fotocopie, depliant, disegni, CD, lettere). Se colloco nello studio i lavori in corso, significa che posso toglierli dal salotto, dove occupano indebitamente quasi tutto il tavolo. Se libero il tavolo del salotto, posso usarlo per stenderci sopra, misurare e catalogare una serie di poster cinematografici che devo decidermi a vendere o regalare. Se metto sul tavolo del salotto i poster (e poi li porto giù in garage insieme agli altri), significa che posso toglierli dallo sgabuzzino, dove andranno a finire cinque o sei paia di scarpe al momento buttate alla rinfusa in un angolo della camera da letto. Se libero altro posto nello sgabuzzino, significa poterci mettere alcune scatole piene di maglie e magliette rimaste a vegetare sul comò della camera da letto, il che significa poter archiviare anche altri capi d'abbigliamento che debordano dai cassetti e ridare un senso all'armadio. Se ridò un senso all'armadio della mia camera, posso ridare un senso anche all'armadio dell'altra camera, dove sono state buttate varie cose (arrivate da casa di mia suocera) che non abbiamo mai avuto il tempo di vagliare e selezionare. Se ridò un senso all'altra camera, potrò sia darle un aspetto decente per quando capita di avere ospiti, sia traslocarci ordinatamente alcune serie di fumetti dallo studio. E così si ritorna all'origine della cascata.

In realtà ci sarebbe anche da riparare la lavastoviglie (mio marito sostiene di saperlo fare, ma quando mai può avere la voglia di mettercisi? e lo capisco), appendere i porta-dvd prima che le cataste in salotto franino, archiviare definitivamente opere di gioventù a cui non ho il coraggio di dire addio, risistemare in cucina il televisore piccolo, inscatolare l'ultima annata completa di Autosprint, mettere le copertine a tutte le custodie dei dvd di musical, e più ci penso più me ne vengono in mente. Forse per la fine del 2009 ce la faccio.

Mezz'ora fa ho dato un colpo di telefono a mio marito e gli ho detto: «Seeeeenti... quando torni a casa, non è che passeresti al Castorama a comprare altre quattro di quelle staffe di metallo nere... sai quelle con cui abbiamo appeso i ripiani nello studio?»
Lui, con un filo di voce: «Oddio ti sei messa a sistemare casa...»

Comunque, nel frattempo, una grande lezione l'ho imparata. Mai, mai, dico MAI, parcheggiare "temporaneamente" intere borsate di adorati fumetti in uno sgabuzzino che viene assiduamente frequentato da una gatta di otto chili a pelo lungo. Adesso che finalmente quei fumetti hanno trovato un posto, perdono pelo come stessero facendo la muta. E vi assicuro, dare l'aspirapolvere ai fumetti ha un che di straniante e surreale. °__°

Tempo indeterminato, come no!

Qualche giorno fa, al supermercato, ho incontrato una mia conoscente che, dopo mezzo secondo, ha portato la conversazione sul suo argomento preferito: la ricerca di lavoro. Praticamente una geremiade interminabile su quanto è difficile trovare lavoro, sui problemi del precariato, sulle continue ricerche, eccetera.
Il tutto sarebbe non solo comprensibile, ma anche più che condivisibile, se non provenisse da una persona che per "lavoro" intende rigorosamente non più di otto ore al giorno, con contratto a tempo indeterminato, in regola sotto ogni punto di vista e con uno stipendio più che ragionevole.
Tutte cose simpatiche e, in teoria, dovute.
Sì. Bella, la teoria.
Guardacaso però ci troviamo in uno stato che è sempre in crisi, in un'epoca in cui dalla sera alla mattina le aziende nascono e crollano (incluse quelle che hanno la sede nei palazzi che vengono buttati giù a suon di aerei), in un mondo nel quale le borse vanno su e giù senza un senso facendo apparire e scomparire miliardi dall'ora di pranzo all'ora di cena, con un ente previdenziale pubblico che dopo decenni di amministrazione alla cazzo di cane non sa come fare a tappare i suoi buchi, figuriamoci a pagare le pensioni per decenni, e via dicendo.
Insomma, più passa il tempo, più il mito di quei bei lavori che "ti sistemano per la vita" si rivela per quello che è: un mito. Una cosa che poteva esistere in passato, ma difficilmente in futuro.
Ma supponiamo anche che uno ci creda, che ci siano persone meno disilluse di me, che ci siano ancora delle possibilità per chi ambisce a quel genere di traguardo.
Mentre aspetti di trovarlo o di conquistarlo, quel tipo di lavoro, che fai?
Risposta: cerchi una soluzione provvisoria (o più di una) che ti consenta di sbarcare il lunario, farti un'esperienza, ottenere contatti utili, imparare cose nuove, investire su te stesso e sulla tua formazione, rimediare referenze e tutto il possibile immaginabile. Ma se devi ottenere tutto questo, non è che quando l'orologio segna le cinque del pomeriggio fai come Fantozzi e corri verso la porta. Se hai un lavoro da terminare, lo termini. Se ne hai uno da consegnare il mattino dopo e sei in ritardo, piuttosto fai la notte in bianco ma lo consegni. Oppure non lo consegni perché comunque non ce l'hai fatta, nonostante la notte in bianco, e in questo caso te ne assumi la responsabilità, concedendoti il diritto di spiegare onestamente quali e quanti ostacoli ti hanno impedito di consegnarlo.
Non mi blocchi in chiacchiere al supermercato dicendo che l'ultimo posto che hai provato non ti convinceva perché l'orario era un po' pesantino. "Ah, come ti invidio, tu che fai le cose che ti piacciono". Ma credi che "le cose che mi piacciono" non siano spesso e volentieri sottopagate? Ma credi che io lavori solo le otto canoniche ore giornaliere? Ma credi che non ci sia un prezzo da pagare, per avere scelto la libertà al posto del timbro del cartellino? Ma se io ti dico che stasera dopo cena sto a casa perché devo lavorare, tu devi tirarmi fuori quella faccia come se avessi bestemmiato?
Ci sono prezzi da pagare anche per avere scelto il timbro del cartellino al posto della libertà, nessun dubbio. Non è che ci sia una via giusta, e una sbagliata. Quello che però mi irrita è la pretesa a tutti i costi. Accampare i diritti senza affrontare i doveri. Dire sempre "voglio avere questo" e mai "voglio dare quest'altro".
Che bello sarebbe se ci ispirassimo tutti quanti, almeno una volta nella vita, a uno come Churchill. Uno che si presentava al Parlamento inglese dicendo "non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore". Inutile sperare che uno dei nostri politici possa mai mettere in pratica questo genere di atteggiamento, ma qui il problema sta più a fondo. Sta nel fatto che, alla fine, i politici sono lo specchio del loro popolo.

venerdì, gennaio 25, 2008

Finalmente in tivù!

Dal 7 gennaio è in onda su Cartoon Network la serie animata Zatch Bell... della quale un mio collega ed io curiamo traduzione e adattamento dei dialoghi! Ci sto lavorando da diversi mesi divertendomi un sacco, ma non potevo fare grande pubblicità per questioni di riservatezza dei committenti. Ora però la serie viene trasmessa, e nei titoli di coda compare il mio nome, quindi fine dei segreti!
Una scheda completa della serie e dello staff che ci ha lavorato si trova qui, e poi in giro per la rete si trovano articoli vari, schede personaggi e quant'altro, basta una ricerchina con Google.
Tanto per la cronaca, l'esclamazione "Yopopòi!", di cui avevo parlato tempo fa, è il grido tipico di un comprimario di Zatch, che appare in un solo episodio ma aveva suscitato tutta la mia simpatia. L'altro personaggio che mi fa impazzire è il cavallino Ponygon, che si esprime a base di un vocabolario composto solo da due parole: "meru" e "mei". Adorabile. ^___^

giovedì, gennaio 24, 2008

Notiziole

Post cumulativo per annotare alcune "piccolezze" degli ultimi giorni.

Caduto il governo, alleluja alleluja. Magari domani si inventano qualche stronzata tipo "Prodi 2 - governo di tecnici", ma almeno per oggi mi permetto un po' di buon umore! Da un certo punto di vista trovo delle affinità con l'antico ribaltone del '94, quando cadde il primo governo Berlusconi. Ma io dico: cosa ci si poteva mai aspettare da uno come Bossi? (e infatti non capisco il senso di ripigliarselo... vabbè, porta voti... in fondo è l'unico senso che conta). Ed ora: cosa ci si poteva mai aspettare da uno come Mastella? Vabbè che di soggetti opinabili ce ne sono a pacchi (Calderoli da una parte, Diliberto dall'altra, tanto per fare i due esempi a me più "cari")... facciamo in tempo a farne cadere un'altra dozzina, di governi. Io credo fermamente nel concetto di alternanza, su questo non ci piove, ma qui cosa alterniamo?!?
Cinismo a parte, non mi dilungo perché tante cose interessanti e condivisibili sono già state scritte nei giorni scorsi da altre persone più brave di me: ad esempio qui, poi qui e anche qui.

Oggi, durante una certa riunione in un certo ufficio di un certo ente pubblico, la responsabile dell'ente dice candidamente "Stiamo ripartendo proprio ora con il restyling del nostro sito. Lo rifacciamo tutto da capo, la nuova versione dovrebbe essere pronta per la fine del 2009". Poi vede le facce impietrite degli astanti (alcuni dei quali sono piccoli imprenditori nel settore dell'immagine e delle nuove tecnologie), si rende conto di quello che ha detto e ammette: "Lo so, a voi sembrano cose assurde, io me ne vergogno ma i nostri tempi sono questi". Stimo questa persona e ne apprezzo la sincerità, ma resto comunque impietrita. Se questo è il modo in cui vengono usati i soldi pubblici, torno a pensare che evadere il fisco sia cosa meritoria. Stessa minestra del fantomatico sito internet che doveva rilanciare il turismo italiano, quello che era stato proposto dal governo Berlusconi, e poi in teoria portato avanti da Rutelli col governo successivo (ebbene sì, quello che è appena caduto, evviva evviva!). Costo stimato: 45 milioni (MILIONI!) di euro. Poi si scopre che la prima versione fa cagare, il progetto viene abbandonato, ripreso, rivisto, riabbandonato... alla fine il sito sparisce, nessuno ne parla più, non esiste più. Sinceramente non so se è peggio un governo che stanzia 45 milioni per un sito internet, o un governo che non è capace di far arrivare in fondo un sito internet per il quale ha a disposizione 45 milioni.

Sempre a proposito di soldi pubblici. Fra le pratiche di successione che mi trovo a dover seguire dopo la morte di mio padre, c'è il passaggio della sua automobile, che (di comune accordo fra la sottoscritta, mia madre e mia sorella) finirà per essere intestata a me. Spenderò un fottìo di soldi, di cui la stragrande maggioranza dovuti a un'imposta provinciale, che la provincia in cui vivo (guardacaso amministrata dai rossi) ha incrementato del 30% rispetto alla percentuale (già alta) prevista dalla legge. Ma si affogassero nel petrolio, 'sti incapaci.

Corollario generale: la cosa pubblica non funziona PERCHE' E' PUBBLICA. Ovvero è di tutti, ovvero non è di nessuno. E la classe politica italiana non riesce certo a fare suoi dei princìpi minimi di onestà e trasparenza. In tutto questo, ancora c'è qualche rifondarolo che tira fuori l'abolizione della proprietà privata. Roba da farli partecipare a Ciao Darwin.

Paragrafetto dove si va sul personale. Ho maturato la convinzione (fondata su affidabili testimonianze esterne e sensazioni troppo evidenti per non avere un fondo di verità) che in queste settimane alcuni miei amici o colleghi, in ambienti e città diverse, abbiano motivo di risentimento o insoddisfazione nei miei confronti e, oltre ad essere incapaci di nasconderlo come vorrebbero, non riescono nemmeno a dirmelo guardandomi in faccia. Si sa, il pettegolezzo dietro la schiena è molto più comodo. Ah beh, c'è anche chi cerca di farmelo capire in maniera rigorosamente indiretta. Ma un po' di coraggio e di amor proprio, mai? Fossero degli estranei, non sarebbe un problema: uno mica può pretendere di essere apprezzato dal mondo intero. Ma dagli amici, su 'ste cose oserei pretendere uno straccio di onestà. Al momento, di certo non sono abbastanza lucida per affrontare la cosa, rischierei di costruire un caso di stato dove non ce n'è bisogno, ma fra un paio di mesi mi riprometto di prenderli da parte uno per uno e mettere le carte sul tavolo. Questo per le cose più importanti. Per le altre, nemmeno voglio sforzarmi.

Nota brillante per concludere.
Lo scorso finesettimana, spinta da un malato e perverso senso del dovere, ho accompagnato una persona al cinema a vedere L'allenatore del pallone 2. Arrivata alla battuta "il calcio è diverso dal sesso, perché nel calcio la palla è al centro e il fallo è laterale", ho definitivamente realizzato la convinzione di non essere mai caduta così in basso in tutta la mia vita.
In compenso, qualche giorno fa ho contribuito ad organizzare un piccolo evento che pare abbia funzionato molto bene (mai la perfezione, ma ci siamo andati vicino). Ogni tanto, è proprio bello sapere di averne fatta almeno una giusta. :-)

domenica, gennaio 13, 2008

Perla tecnologica 2

Ve la ricordate la storia delle guarnizioni di Goldrake?
[chi non la ricorda, può trovarla qui]

Ecco, stasera il Ghigo se n'è uscito con un'altra delle sue riflessioni scientifiche applicate all'intrattenimento televisivo.

Durante una tranquilla chiacchierata su C.S.I., e su come spesso e volentieri (ovviamente) le trame televisive diano una visione distorta e troppo ottimista dei miracoli della scienza, l'uomo della mia vita declama due sentenze incontrovertibili e ai limiti dei sillogismi basilari di filosofia della logica.

1. Tanto, se da una foto ingrandisci un puntino, al massimo ottieni un puntone.

2. Quando una cosa non c'è, non c'è!

Come non amarlo?

Attesa e riposo

La brutta "eruzione" a cui avevo accennato nel post precedente non c'è ancora stata, e l'attesa un po' mi consola, un po' mi mette della tensione addosso.

In compenso, oggi i miei nervi hanno potuto riposare una mezza giornata, in modo abbastanza inaspettato. Con un po' di fortuna, potrebbe succedere anche domani.

E stanotte, vivaddìo, se tanto mi dà tanto si dorme come si deve.
:-)

martedì, gennaio 08, 2008

Training autogeno

Insisti. Resisti. Non mollare.

So che il fuoco cova sotto la cenere e so esattamente dove. L'unico interrogativo è quanto se ne sta preparando, e quando deciderà di mostrarsi.

Una vampata c'è stata stamattina. Un'eruzione vera e propria c'è stata ieri. E ne attendo un'altra domani, di quelle toste (forse).

Continuerà così per alcuni mesi. Continuerà in modo che gli obiettivi delle giornate non saranno lavorare, divertirsi, fare qualcosa che piace... saranno insistere, resistere, non mollare. L'obiettivo vero sarà rimanere in piedi, rimanere presente, rimanere dove serve.

Non ho mai avuto la vocazione della missionaria e non sono stata folgorata sulla via di Damasco. E' solo che a volte succede, e ti rendi conto che in un determinato momento, veramente non te ne frega di nulla sulla faccia della terra, tranne che a quelle quattro o cinque persone possa essere alleviata almeno una parte di dolore.

Se poi io mi ci logoro e inizio a sentirmi precipitare in una specie di pozzo... beh, per una volta in vita mia, in tutta sincerità, posso dire chi se ne frega. Posso sentirmi orgogliosa. Posso percepire un senso nelle cose che faccio.

Comunque, sopra ogni altra cosa, so che non ci deve mai più essere una "Lei" nella mia vita. Mai più. Nemmeno nulla di vagamente simile. Ragion per cui, qualsiasi cosa sia necessario fare per raggiungere questo obiettivo voglio farla, qualsiasi competenza sia necessario acquisire voglio acquisirla, qualsiasi quantità di tempo sia necessario impiegare voglio impiegarla. Tutta tutta, fino in fondo. Succeda quel che succeda, varrà la pena di vivere ogni dannato bastardo cazzutissimo secondo.

mercoledì, gennaio 02, 2008

Gareggiare per...

Questa frase l'ha detta un campione di corse di go-kart a un "apprendista" che gli chiedeva consigli e gli sottoponeva una serie di problemi relativi alle prestazioni del suo mezzo in pista:

Queste sono cazzate, non problemi... l'unico problema... l'unico problema è quando sei là... davanti... e non c'è più nessuno da sorpassare!

Gareggiare per il gusto dell'agonismo, non per la vittoria in quanto tale.
Gareggiare per dare il meglio in mezzo agli altri.
Gareggiare per eccellere, ma senza dimenticare il divertimento.
Gareggiare per aspettarsi sempre nuove sfide in cui buttarsi a capofitto.

Non so a voi... ma a me, più che una massima su come correre su dei mezzi a quattro ruote, sembra una grande filosofia di vita.