Storiella interessante... Qualche giorno fa, sul Giornale, appare un'intervista a Roberto Beretta: uno storico che, sulla falsariga de Il sangue dei vinti di Giampaolo Pansa, ha pubblicato un libro dal titolo chiaro e per niente diplomatico: Storia dei preti uccisi dai partigiani. Ovviamente si tratta di episodi dell'immediato dopoguerra e anche di qualche mese prima del 25 aprile. Fra le altre cose il signor Beretta sostiene, nel corso dell'intervista, che il primo prete della Romagna ad essere stato ucciso da partigiani, come dire, un tantino troppo ferventi (e ce ne sono stati parecchi!), fu Don Federico Semprini, parroco di una chiesetta di campagna nei dintorni di Rimini. Ora, si dà il caso che Don Federico Semprini fosse il mio prozio. Ovvero lo zio di mio padre, che quando era ragazzino lo aiutava nello svolgere alcune semplici mansioni della Parrocchia e gli faceva da chierichetto. Ma soprattutto, si dà il caso che Don Federico (in casa nostra sempre ricordato con il semplice appellativo "lo zio prete"), non sia affatto stato ucciso dai partigiani, bensì sia morto, nel dicembre del 1943, per un normalissimo (quanto fatale) infarto.
Da dove è nata questa specie di vulgata secondo cui lo zio prete (che, questo è vero, era di provata ideologia fascista, pur non avendo mai fatto male a una mosca) sarebbe stato ucciso? Probabilmente da un altro libro, scritto pochi anni dopo la guerra e successivamente ristampato negli anni Settanta, che riportava notizie simili NON per stigmatizzare il comportamento fanatico e assurdo di certi partigiani, ma al contrario, per esaltarne le gesta: tant'è vero che, in questo libro, il presunto omicidio dello zio prete è descritto come una sorta di giustizia popolare ai danni di un sacerdote che, sotto sotto, era una personaccia. Quindi cosa è successo? Che prima uno storico si è inventato di sana pianta questo "atto di giustizia", oppure ha tratto conclusioni affrettate dalla semplice coincidenza che lo zio prete fosse morto proprio nel '43, quando episodi del genere iniziavano a spuntare; e poi, oggigiorno, un altro storico ha ripreso questa sorta di "verità" ormai assodata, dandone ovviamente un'interpretazione ben diversa da quella del libro che esaltava gli omicidi commessi da quei simpaticoni dei partigiani fanatici. Sta di fatto che, si voglia guardare questa storia da fascisti piuttosto che da partigiani, da destra piuttosto che da sinistra, dagli anni Settanta piuttosto che dal 2005, l'episodio in questione è FALSO, MAI ACCADUTO. In compenso, due paeselli di campagna più in là, un gruppetto di fanaticoidi non ci ha pensato due volte a pestare e poi a buttare in un pozzo (bel modo di ammazzare un poveretto) un altro prete di campagna reo del GRAVISSIMO crimine... di essere prete. Cose da far rivoltare le budella, e che fanno il paio con gli eventi delle foibe. (che poi, per carità, robe che in guerra succedono e sono sempre successe: ma visto che viviamo in un paese dove i partigiani sono praticamente santificati, forse è il caso di far notare che nemmeno loro erano poi 'sto gran simbolo di perfezione).
Nota di colore: nell'intervista al Giornale, il signor Beretta sostiene che lo zio prete, dopo aver subito il pestaggio a suon di sacchi di sabbia, che pochi giorni dopo lo avrebbe portato alla morte per emorragie interne (una tecnica che in effetti pare fosse molto diffusa), riuscì comunque a svolgere gli incarichi dettati dalla sua professione, fra cui la Novena di Natale. Commento di mio padre (che adesso ha 79 anni e una memoria di ferro): "Novena? Ma quale Novena! C'era la guerra, bombardavano un giorno sì e l'altro pure, piovevano bombe da tutte le parti, e questi pensano che ci fosse il modo di pensare alla Novena? Ma ringraziamo il Cielo che quell'anno sia stata fatta sì e no la Messa di Natale!"
1 commento:
Caro Swan, ho letto solo oggi il tuo blog di ottobre 2005 sul prozio don Federico Semprini. Sono interessato ad approfondire, dimmi come posso farti avere l'e-mail.Ciao
Roberto Beretta
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